Tra gennaio e aprile 1709 l’Europa fu investita da un’anomala ondata di gelo che paralizzò l’intero continente, causando un elevato numero di vittime tra la popolazione. Del grande inverno, ricordato come il più freddo degli ultimi cinque secoli, se ne parla anche negli archivi dei paesi del Sebino e delle valli limitrofe, a dimostrazione del fatto che nessuno scampò al disastro di quell’anno. Tutto ebbe inizio nel dicembre 1708, quando un grande freddo si impadronì dell’area Russa e dell’Est Europa, con valori termici straordinari anche per quelle zone, dove già al tempo la vita era condizionata da temperature rigidissime.
Nelle regioni interessate da questa ondata di gelo si formò un’area anticiclonica invernale che permise alle condizioni climatiche di conservarsi invariate a lungo. Il vasto anticiclone si spostò verso Ovest e nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1709 raggiunse l’Europa: temperature glaciali invasero il Vecchio Continente da Nord a Sud, da Est a Ovest. Si ghiacciarono fiumi e laghi, a Roma nevicò, tra i 6 e il 24 gennaio, ben 13 volte. Impensabile oggi. Sulla grande Pianura Padana cadde fino a un metro e mezzo di neve. La laguna Veneta divenne un vero e proprio mare ghiacciato e anche il Porto di Genova ghiacciò.
Le conseguenze furono drammatiche anche per animali e piante: i pesci congelarono nei fiumi e la stessa sorte toccò a migliaia di uccelli, soprattutto in Liguria e in Emilia-Romagna. Sotto la morsa del gelo perirono tutte le piante da frutto: meli, ciliegi, noci. Allo stesso modo le coltivazioni di ulivo, vite e agrumi furono devastate. Centinaia di equipaggi furono colti all’improvviso dalle gelate e rimasero bloccati nell’Adriatico, dove trovarono la morte a causa del freddo e della fame.
Alcuni valori termici furono registrati all’epoca e leggerli oggi fa ancora più impressione: a Berlino si arrivò a -30°, a Parigi si toccarono punte di -25°, mentre a Venezia si arrivò fino a -18° e infatti alcuni documenti del tempo raccontano di contadini che portavano i generi alimentari a piedi sui canali ghiacciati. Non si salvò nemmeno il fiume Po, che fu ricoperto da uno strato di ghiaccio di circa settanta centimetri, sul quale passavano uomini, carri e cavalli. A Forlì si toccarono punte di -40°; si pensa che proprio in Emilia-Romagna l’inverno raggiunse il suo apogeo di temperature minime.
Ma l’evento climatico più straordinario si verificò sul Lago di Garda che, per la prima e unica volta, si congelò interamente tanto da rendere possibile la traversata da una sponda all’altra a bordo di carri e cavalli. “Cadde tanta neve che non si poteva uscir di casa e i tetti, per l’ingente peso, si aprirono ed altri caddero”, si legge in un racconto dell’epoca. Un dipinto di Gabriele Bella, pittore veneziano dell’epoca, testimonia visivamente la ghiacciata che colpì la laguna, unendo Venezia in un’unica lastra.
A testimonianza del fatto che anche l’area del Sebino fu coinvolta da questo grande Inverno si trovano alcune righe anche negli archivi storici di Lovere. “1709: inverno spaventoso qui come in tutta l’Europa; seccano viti ed ulivi. Peste bovina”. Freddo, carestie e pestilenze. È possibile che anche il Lago d’Iseo congelò, ma dalle fonti consultate dall’autore non sono emerse documentazioni in tal merito.
Francesco Moretti