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95 km fra Val Camonica e Val di Scalve, 5 tappe, quindici mesi di lavoro, 250 cartelli
segnavia posizionati, circa ottanta persone già coinvolte tra volontari e professionisti. Un
sito internet dedicato – www.laviadecia.it , on line a partire dal 22 Aprile – con oltre settanta
schede dedicate a natura e cultura dei territori attraversati. Una pagina FB e una pagina
Instagram già attive (“La Via Decia”), destinate a diventare il diario di tutti coloro che
vivranno questa avventura.
Parliamo de La Via Decia – Il cammino dei boschi di ferro, il progetto della sottosezione CAI Valle
di Scalve, che aprirà ufficialmente le porte sabato 22 e domenica 23 Aprile (cfr. Programma qui
sotto). Ideato nel 2022, Anno Internazionale per lo sviluppo sostenibile della montagna (iniziativa
delle Nazioni Unite) e completato nel 2023, a cento anni dal Disastro del Gleno, nell’anno di
Bergamo Brescia Capitali della Cultura e dei 150 anni di fondazione del CAI di Bergamo.
Sponsor: proprio il CAI di Bergamo rientra fra gli enti che hanno contribuito economicamente alla
realizzazione, insieme alla Comunità Montana di Scalve e alla Fondazione della Comunità
Bergamasca.
Il percorso muove dalla chiesetta del Sacro Cuore di Corna di Darfo, oggi dedicata alle vittime
del disastro del Gleno, e lì si conclude al termine della quinta tappa, disegnando di fatto un anello
che abbraccia per intero la Valle di Scalve, toccando tutti e quattro i suoi comuni: Colere,
Vilminore, Schilpario e Azzone. Uno degli intenti degli organizzatori, infatti, è che il cammino
rappresenti una leva per lo sviluppo di una valle pensata come comunità, nel suo insieme, senza
per questo sacrificare le identità di ciascuno, anzi, valorizzandole.
La partenza da Corna permette inoltre di connettere la Via Decia ad altri cammini già esistenti, in
particolare Il cammino di Carlo Magno e La Via Valeriana. Mentre, per il Passo della Manina, si
potrà raggiungere l’Alta Via delle Grazie.
Secondo gli organizzatori, La Via Decia vuole rappresentare per la Valle di Scalve non solo un
contributo concreto ma anche un’ispirazione, verso un turismo che sappia integrare sempre più
la sopravvivenza economica delle terre alte con l’attenzione alla cultura di cui sono custodi (si
pensi a figure come lo scultore Giovanni Giuseppe Piccini e il Cardinale Angelo Maj, entrambi
scalvini); nel rispetto dell’ambiente (chi l’ha detto che per rendere attrattiva la montagna la si
debba trasformare in una città a 1000 o 2000 metri?), investendo infine sull’incontro tra le
persone: quelle che accolgono e quelle che saranno ospitate. Si tratta in altre parole di andare
oltre il modello del turismo come consumo, verso un’idea di turismo come esperienza, in cui la
forza attrattiva risiede nella capacità di raccontare l’esistente nella sua autenticità. Al tempo
stesso, aprendosi a chi arriva, che costituisce un’opportunità non solo per il denaro che porta con
sé, ma per la ricchezza culturale che rappresenta e di cui abbiamo a nostra volta bisogno.
“La Via Decia” deriva dal nome latino del fiume Dezzo, per il quale i romani chiamavano la Valle di
Scalve “Val Decia”. Mentre il sottotitolo rimanda alla ricchezza del patrimonio boschivo della
stessa valle e alla sua millenaria storia di miniere che – dal tempo dei romani – rimasero aperte fino
alla fine degli anni Sessanta. L’elemento del bosco e quello del ferro sono stati dunque il filo rosso
che accompagnerà gli escursionisti lungo questa nuova esperienza