L’annuncio della chiusura di 20 sedi sulle 27 esistenti della cosiddetta continuità assistenziale (cioè della guardia medica) in provincia di Bergamo preoccupa ma certo non sorprende il sindacato. Già lo scorso febbraio, infatti, era stata inviata una segnalazione formale ad ATS Bergamo per evidenziare “una diffusa mancanza di rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) nel servizio di guardia medica”. A titolo d’esempio, il sindacato riferiva in quell’occasione di “tre medici di una sede della provincia che, anche a seguito della carenza di medici di base, avevano dovuto assistere 194 pazienti in un singolo turno di 12 ore”.
Ora che la serrata è imminente o in alcuni casi già in atto per mancanza di personale, i rappresentanti sindacali tornano sulla questione. “Si fa più concreto il timore di gravissimi disagi per la popolazione e anche per i pochi medici che restano operativi nel servizio” hanno commentato questa mattina Giorgio Locatelli, segretario generale della FP-CGIL di Bergamo, Giorgio Barbieri, coordinatore regionale dei medici di medicina generale per FP-CGIL, e Giancarlo Testaquatra, segretario di SIMET Lombardia. “Il rischio è di una progressiva e ulteriore paralisi dei pronto soccorso ospedalieri”.
I sindacati hanno formalmente richiesto ad ATS Bergamo un incontro urgente proprio per discutere della prospettata chiusura della maggior parte delle postazioni, ma anche “della inevitabilmente ridotta assistenza che viene prestata alla popolazione, dell’attuale e strutturale carenza di medici in servizio e dei rischi medico legali cui sono sottoposti i pochi colleghi rimasti, nel momento in cui viene imposto loro di assistere un numero di pazienti di gran lunga superiore a quanto previsto dal quadro contrattuale regionale”.
Intanto, in attesa della convocazione da parte di ATS, FP-CGIL e SIMET hanno già in calendario un presidio di protesta per la prossima settimana di fronte alla sede di via Gallicciolli 4 (la data verrà comunicata a breve).
Sarà l’occasione per avanzare una serie di richieste e proposte per riaprire alcune delle 20 sedi coinvolte: “Chiederemo l’elaborazione di un progetto scritto, certo e garantito che assicuri il pieno organico e il rispetto delle ore-medico/popolazione assistita previste e normate da contratto, poi rivendicheremo la possibilità di usufruire di contratti a 24 ore ma anche a 12 e 36 ore settimanali oltre che del reintegro dei cosiddetti medici ‘disponibili’, come anche il reintegro dei referenti di postazione e l’utilizzo dello strumento eccezionale dei ‘vicariamenti’ solo in caso di improvvisa e imprevista assenza di un medico (esempio, per malattia) e mai come metodo programmato nel redigere i turni mensili. Infine chiederemo il rapido ricorso alla graduatoria relativa al bando del 30 dicembre 2022 e del nuovo bando recentemente prospettato, al fine di riportare il servizio a pieno organico in tempi celeri e certi”.
Rispetto alle considerazioni di ATS Bergamo che sulla stampa, oggi, sembra fare riferimento a un fenomeno solo temporaneo, i rappresentanti delle due sigle sindacali tengono a puntualizzare che “viste le scelte dell’Azienda, il processo rischia purtroppo di essere strutturale e, in linea con le decisioni di Regione Lombardia, per nulla transitorio”.
Interviene oggi anche Orazio Amboni, responsabile del Dipartimento Welfare della CGIL provinciale: “La continuità assistenziale (la guardia medica, appunto) è da tempo in difficoltà: i pochi medici in servizio devono coprire un territorio vasto e fanno fatica a rispondere a tutte le chiamate e soprattutto a recarsi al domicilio dei pazienti. Appena possono si dimettono e trovano altri incarichi. L’ultima decisione adottata (ma sull’Albo Pretorio di ATS e ASST non c’è nessuna delibera ufficiale) è la ‘riorganizzazione’ che consiste nella chiusura della maggior parte delle sedi. Si innesca così un circolo vizioso che peggiorerà la situazione: essendo le sedi sopravvissute quelle meno facilmente e rapidamente raggiungibili da chi ha urgenza, inevitabilmente i pazienti si rivolgeranno ai pronto soccorso ospedalieri dove i tempi di attesa sono quindi destinati a peggiorare ulteriormente. A complicare la situazione c’è l’organizzazione del sistema sanitario lombardo che prevede una confusa coesistenza di ATS e le tre ASST nella gestione del servizio. In un contesto così obiettivamente difficile sarebbe meglio concentrare le energie nel trovare soluzioni migliori”.