Giovani, anziani e persone con disabilità, Vaia: “Puntare su cohousing intergenerazionale, abitare insieme per costruire comunità”

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(Adnkronos) – “Cohousing intergenerazionale: abitare insieme per costruire comunità. In una società che cambia, anche il modo di vivere insieme deve cambiare. Le trasformazioni demografiche – l’invecchiamento della popolazione, l’aumento delle famiglie mononucleari, la solitudine urbana – non sono solo numeri, ma interrogativi profondi, che ci interpellano anche su che tipo di società vogliamo costruire e su come decidiamo di usare le risorse comuni. Pur sapendo che la coperta è corta, è proprio in questi scenari che diventa urgente fare scelte di priorità: costruire legami o accettare le distanze? Investire sull’inclusione o continuare a tamponare le emergenze? Il cohousing, soprattutto se pensato in chiave intergenerazionale e inclusiva, può rappresentare una risposta concreta a queste domande. Non solo un modello abitativo, ma una visione: costruire luoghi dove le persone – giovani, anziani, persone con disabilità – possano vivere accanto, sostenersi reciprocamente, generare valore insieme. E’ anche una risposta al ‘dopo di noi’, quando le persone con disabilità si ritrovano senza il sostegno familiare”. E’ la proposta lanciata da Francesco Vaia, già direttore dell’Inmi Spallanzani e della Prevenzione al ministero della Salute, oggi componente dell’Autorità garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, sulle pagine di ‘Avvenire’. 

Il cohousing “può garantire una continuità di relazioni e di supporto, superando il rischio di isolamento. Ma è anche sollievo per le famiglie, che non sono più lasciate sole nel farsi carico di situazioni complesse, spesso per tutta la vita. In questi contesti, le relazioni intergenerazionali non sono solo un fatto emotivo: sono scambio, crescita, persino opportunità economiche e lavorative – spiega Vaia – Se progettato con lungimiranza, il cohousing può offrire spazio alla cura della terra, alla natura, all’agricoltura sociale. Fattorie inclusive che diventano scuole di cittadinanza, luoghi valoriali, ma anche centri produttivi. Dove il senso del limite non chiude, ma apre. Dove il contributo di ciascuno – anche di chi è più fragile – ha valore, significato, dignità. Il cohousing è questo: un luogo dove la fragilità non è un’eccezione da gestire, ma una condizione umana da accogliere e condividere. E’ welfare generativo, fatto di relazioni, di responsabilità condivise, di autonomia da coltivare e far crescere. E’ anche visione ‘One Health’: salute della persona, dell’ambiente, delle comunità”.  

In Italia “ci sono già esperienze positive, ma servono politiche pubbliche che le riconoscano, le accompagnino, le rendano strutturali. Serve una strategia nazionale che non lasci sole le famiglie, che investa nel futuro delle comunità, che faccia del diritto all’abitare un diritto pieno: non solo alloggi, ma legami. Non solo case, ma comunità. Come Autorità, il nostro compito è promuovere questo passaggio: da un modello assistenziale a uno promozionale. Non solo garantire, ma attivare. Non solo tutelare, ma ispirare. E’ tempo di costruire insieme un futuro che non isola, ma include”, conclude Vaia.  

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