Ci sono sindromi e disturbi che non si vedono, non subito almeno. Sindromi che non emergono dall’amniocentesi o dalle prime visite pediatriche, sindromi che non si manifestano con tratti somatici particolari o malformazioni. Sindromi invisibili, come l’Asperger. A qualche settimana dal giorno dei calzini spaiati, ecco la Giornata Mondiale della Sindrome d’Asperger. Ha senso parlarne, se le calze hanno suscitato già un enorme successo? Sì. Perché in un’era in cui la comunicazione si fa immagine, abbiamo bisogno di parole. Non bastano le foto dei calzini spaiati postate di Facebook, se poi si dice ai propri figli di non giocare con quel bambino “strano”, o se alle feste di compleanno non lo si invita, perché non rovini i festeggiamenti.
Il prossimo a festeggiare, spegnendo ben dieci candeline, è il Centro Spazio Autismo Sara Pedersoli, con sede a Darfo in Piazza Don Bosco. Da dieci anni accoglie minori con diagnosi di autismo, proponendo trattamenti di tipo cognitivo comportamentale. Nel mirino non c’è solo il bambino, ma l’intera famiglia. Si tratta infatti di un lavoro di rete, in collaborazione con la neuropsichiatria infantile e la scuola. «È un disturbo complesso e variegato, che può avere molte forme ed evoluzioni. L’affiancamento di figure professionali che possano affrontare più nel dettaglio alcuni aspetti della quotidianità, è fondamentale per le famiglie» spiega la coordinatrice di Spazio Autismo, Silvia Bernardi.
L’Asperger – o autismo ad alto funzionamento – rientra nella categoria dei disturbi dello spettro autistico, un campo tanto vasto quanto recente, quindi con alcune terre inesplorate e in continua evoluzione. Si sa, ciò che è poco conosciuto tende a spaventare, forse perché ci apre una finestra sulla quantità di cose che non sappiamo. A quanto pare, la vecchia massima “so di non sapere” è piuttosto insopportabile per l’essere umano, da Socrate in poi. «Conoscere significa anche comprendere, accogliere e non isolare, evitare o mettere in disparte» continua Silvia.
Isolare, appunto. Spesso si è creata nell’immaginario collettivo l’idea che i bambini Asperger siano una sorta di piccoli marziani con un modo di fare tutto loro, che non rientra nei canoni di quella che viene definita “normalità”. Li immaginiamo ben protetti dai loro vestiti da astronauti, con il casco – una sorta di boccia di vetro – ben serrato che impedisce loro di rapportarsi a ciò che li circonda. Di conseguenza, crediamo che sia giusto non invadere i loro spazi ritagliati con la precisione di un geometra e li isoliamo ancora di più. Eppure, ci sono bambini con questi disturbi che, una volta conquistata la loro fiducia, ti abbracciano, ti prendono per mano e ti si siedono sulle ginocchia per guardare un libro sui dinosauri. Tutto sta nel trovare un canale di comunicazione, nell’istaurare una sintonia che a volte richiede una buona dose di creatività e perseveranza. Ma soprattutto tanta, tantissima sensibilità. È importante capire che un bambino Asperger non è la sua fissazione, i suoi comportamenti stereotipati o le sue stranezze, come noi non siamo le nostre manie o gli atteggiamenti che adottiamo per non essere sopraffatti dalla quotidianità.
«Le persone con autismo possono avere delle caratteristiche difficili da comprendere e gestire ma, allo stesso tempo, hanno tante caratteristiche che possono essere valorizzate. Per esserlo, però, è necessario che ci sia un supporto».
Ci sono sindromi e disturbi che non si vedono, non subito almeno. Sindromi che spaventano, ma solo perché non si conoscono abbastanza.
Maria Ducoli