Sta crescendo la presa di posizione, motivata e critica, contro l’ipotesi di una nuova fusione tra comuni in alta Vallecamonica: dopo la bocciatura del referendum popolare per la fusione tra Ponte di Legno-Temù, ora l’ipotesi è quella di riproporre la fusione aggiungendovi anche i comune di Vione.
Per chi ritiene che la cosa sia già fatta e che il referendum popolare sarà poco più che una passeggiata, ci sono alcuni sassolini sulla strada che vengo evidenziati con argomenti economici, amministrativi, politici dai sostenitori del no alla fusione. Il 27 ottobre 2012 c’era già stato un referendum popolare sull’ipotesi di fusione tra Ponte di Legno e Temù: proprio a Temù a vincere era stato il no con 389 voti, contro i 310 sì. A Ponte di Legno i 642 sì avevano prevalso sui 464 no. Ma il referendum prevedeva che se in uno dei due comuni interessati avesse vinto il no, la fusione non avrebbe avuto luogo. E così è stato. La critica dei sostenitori del no alla nuova ipotesi di fusione a tre si basa anche su questo recente pronunciamento. Il Comitato per il no alla fusione propone in alternativa lo strumento giuridico-amministrativo della Unione tra comuni, che sta funzionando anche altrove, che potrebbe dare soddisfazione da molti punti di vista. L’autunno si preannuncia interessante sotto il profilo di una nuova battaglia che vede no e si a confronto. Su tutto incombe la norma regionale che prevede dal 2018 la piena autonomia decisionale dei territori: e a questo punto si potrebbe aprire un ulteriore scenario.