Alcuni allevatori camuni hanno ricevuto una comunicazione da Bruxelles secondo la quale dovranno restituire i contributi ricevuti dal 2015 al 2017. La Cia, Confederazione italiana agricoltori, ha convocato questi allevatori a Breno, per chiarire quanto accaduto e incontrare un avvocato che potrebbe occuparsi dei ricorsi.
Un accesso alle vie legali che però non è la prima opzione: l’obiettivo resta la mediazione in modo che si possa trovare un accordo che non penalizzi gli agricoltori camuni, visto che a sbagliare non sono stati loro ma qualche burocrate che pare abbia interpretato in modo non corretto le direttive della UE. I contributi da restituire sono il 27,5%: le lettere arrivate agli allevatori somigliano molto a cartelle esattoriali (ma questi allevatori e per questo fatto specifico non sono morosi in nulla).. Il fatto contestato riguarda domande di aiuti comunitari fatte da capi malga che tutelano il territorio. Secondo un legale il tema va approfondito, ma a prima vista sembra molto attaccabile, visto che hanno quelli di Agea, Stato e Regione che hanno steso regole pensando d’essere nel lecito, ma l’Europa ne ha contestato i criteri. La soluzione migliore sarebbe quella politica, perché non espone nessuno a nuovi costi, visto che i ricorsi sarebbero singoli, non collettivi ma molto onerosi e anche con esito incerto. Il 15 marzo è prevista una manifestazione a Roma per protestare.