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Dantedì: perché Dante continua a parlarci a 700 anni dalla sua morte

Una storia ormai longeva racconta che il 25 marzo di molti, moltissimi anni fa, Dante si smarriva nella selva oscura. L’assenza di Google Maps ha reso estremamente necessario il soccorso di Virgilio, il quale ha condotto il Sommo Poeta tra i meandri bui dell’inferno e lungo la salita del monte del Purgatorio, per poi lasciarlo nelle mani di Beatrice, la donna angelo che gli tolse il saluto. D’altronde, non si può piacere a tutti.

La ricorrenza del Dantedì è recentissima. Nata da un’idea del giornalista del Corriere della Sera Paolo Di Stefano e del presidente onorario della Crusca Francesco Sabatini, è stata ufficialmente istituita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo nel gennaio 2020 e da allora ha raccolto l’adesione di numerose istituzioni culturali, università e scuole. Quest’anno assume una rilevanza ancora più impor’tante, cadendo nell’anniversario dei 700 anni dalla morte di Dante.

Oggi la Commedia è un testo in grado di stimolare la nostra curiosità, di alimentare il nostro desiderio di immergerci nel mondo di Dante, distante o vicino che lo si avverta. Come fa, un’opera così lontana, ad appassionare ancora così tanti lettori? Probabilmente perché è si divina, ma anche umana. Narra storie di passioni, sentimenti, valori, miserie e ideali che appaiono all’occhio del lettore come profondamente umani, vicini a noi per la loro fragilità tutta terrena. E al tempo stesso incastonati, come le pietre di un mosaico colorato, in un discorso che mira costantemente al superamento di quei limiti e nutre con fede l’ambizione sovrumana di approdare a Dio.

Poi, certo, la spiritualità nel lettore ogni tanto viene meno e si appassiona all’amore fatale di Paolo e Francesca, al cannibalismo del conte Ugolino e al folle viaggio nella conoscenza di Ulisse. Nella Commedia c’è tutto: ciò che siamo per natura e ciò che naturalmente desideriamo essere. Per questo, riesce a raggiungere ogni lettore, al di là dell’estrazione sociale e della cultura. Lasciando ai critici il loro lavoro, ognuno può trovare nel testo ciò che vuole, anche solo il ricordo di una lettura scolastica che fa riaffiorare l’emozione di un racconto trasfigurato dal tempo ma ancora vivido.

E poi, leggendo la Divina Commedia si può trovare anche se stessi, perché tutti ci siamo persi almeno una volta in una selva oscura.

                                        Maria Ducoli

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