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Dalla Spagna a Casnigo per unire gaita e baghèt

Un pomeriggio all’insegna di un fraterno dialogo culturale, nel segno della musica e di tradizioni senza tempo.Venerdì 16 agosto una coppia di musicisti spagnoli provenienti dalla regione di Aragona (comarca di Ribagorza) ha fatto visita a Casnigo per scoprire la tradizione del baghèt, l’antica cornamusa bergamasca. A far da tramite con Sergi Llena (suonatore di gaita) e Jesus Diez (voce) è stato innanzitutto Luciano Carminati, presidente dell’Associazione “Il Baghèt” di Casnigo.
“L’amicizia con Sergi Llena – spiega Carminati – è nata durante il Covid, quando abbiamo collaborato alla produzione di un video dedicato al baghèt nell’ambito di un articolato progetto didattico e divulgativo sulle cornamuse”.
La visita a Casnigo degli ospiti iberici si è aperta al Santuario della Madonna d’Erbia con pranzo tipico e visita alla chiesa, dove è conservato un dipinto della Natività del 1793, opera di Lattanzio Querena, nel quale è raffigurato un suonatore con lo strumento ben dettagliato. La visita ai luoghi cari a Giacomo Ruggeri “Fagòt”, casnighese ultimo suonatore dell’arco alpino e zio di Carminati, è poi proseguita al Santuario della Ss.Trinità e in municipio, dove sono custoditi alcuni antichi strumenti. A ricevere gli illustri ospiti il sindaco Enzo Poli e il neonato gruppo Tèra de Baghecc, formato da una dozzina di suonatori e diretto da Monica Bonandrini.
Casnigo del baghèt è patria indiscussa, al punto che una specifica delibera del Consiglio Comunale stabilì nel 2009 di conferire al paese il titolo di “patria del Baghèt”. “E’ uno strumento povero – spiega Carminati – nato e cresciuto tra i pastori. I suonatori erano per la maggior parte contadini, e si ritrovavano nelle stalle d’inverno. Passata l’Epifania, poco prima del carnevale, il baghèt veniva riposto, per essere ripreso agli inizi dell’inverno successivo, a San Martino. Con il baghèt si suonava l’antica “pastorèla” e si accompagnava il canto”. In Bergamasca ci sono tracce della cornamusa che risalgono al 1300. Un importante impulso alla riscoperta dello strumento fu dato dagli studi del ricercatore, musicologo e liutaio Valter Biella, autore nel 2010 del volume “Pia o baghèt, la cornamusa in terra di Bergamo” edito dal Comune di Casnigo.
“Per molti suonatori – scrive Biella – la cornamusa prendeva nome direttamente dalla sacca, la baga, anzi per maggior precisione da una piccola sacca, un piccolo otre, cioè un baghèt”.
Antonio Tiraboschi così descriveva lo strumento nel “Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni” del 1873: “Sorta di strumento pastorale composto di un otro (Baga) e di quattro cannelle: Bochì, Pia o Diana, Orghegn o Bas. Il bochì è la cannella più corta, con foro unico in cima per gonfiar l’otro col fiato. La Diana o Pia è la cannella un po’ più lunga, terminata in campana, con pochi fori da aprirsi e chiudersi con il polpastrello delle dita e così dare una qualche modulazione al suono che ne esce collo stringere l’otro fra il petto e le braccia. I Bas o Orghegn sono le due cannelle servire da accompagnamento”.
Dall’estate 2024 il baghèt è parte del progetto Custosvallis.it, coordinato da Promoserio per censire e valorizzare, attraverso la messa in rete, tutte e le conoscenze e rappresentazioni che compongono il patrimonio immateriale identitario della ValSeriana. Nel recente passato alcuni componenti dell’associazione Il Baghet hanno partrcipato ad un raduno di strumenti tradizionali in Polonia. Gli ospiti spagnoli erano reduci da un concerto in Piemonte alla vigilia di Ferragosto, nell’ambito del Festival Occit’amo in provincia di Cuneo. Propongono in duetto, una rivisitazione dei brani ribagorzani presenti nell’opera “Ribagorzça Canta.” Aragonese, catalano e spagnolo sono le tre lingue che convivono in questa parte dei Pirenei e fanno parte di questo spettacolo che, seguendo la tradizione del canto con la cornamusa, mette in risalto questa varietà linguistica. Canzoni da ballare, per bambini, romanzi… i loro usi e costumi, e le piccole storie che li rendono speciali generano uno spaccato di storia e cultura con cui Casnigo ha avuto l’onore di mettersi in dialogo.

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