Aumentano i posti nelle RSA a Bergamo

Contratto Uneba, raggiunta finalmente un’ipotesi di accordo. A regime, aumento di 145 euro.

Sono serviti due anni di trattativa e, nelle sue ultime fasi, anche una mobilitazione dei lavoratori impegnati in uno stato di agitazione e poi, il 16 settembre, in uno sciopero. Alla fine, lo sforzo è stato ripagato: il 20 dicembre è stata finalmente raggiunta un’intesa per rinnovare il Contratto collettivo nazionale di lavoro Uneba per il periodo 2023-2025, il contratto maggiormente applicato nelle RSA della nostra provincia e che riguarderà oltre 130 mila lavoratori in tutt’Italia. Si tratta di infermieri, fisioterapisti, educatori, Asa e Oss di RSA per anziani e RSD per disabili.

Il loro CCNL era scaduto da oltre 4 anni. Quella firmata è, al momento, un’ipotesi di accordo: e infatti fino al 22 gennaio sono in corso le assemblee nei luoghi di lavoro per l’approvazione da parte dei lavoratori interessati.

“Siamo finalmente giunti a questo rinnovo e ora attendiamo di vedere come i lavoratori nelle assemblee si esprimeranno al riguardo. Nel dettaglio, sotto il profilo economico, l’intesa prevede, a regime, un aumento tabellare di 145 euro (al livello medio 4S), pari al 10,4%, cioè in linea con gli altri contratti di settore” hanno sottolineato i rappresentanti provinciali di FP-CGIL, CISL-FP, FISASCAT-CISL, UILFPL e UILTUCS. “Sarà erogato in tre tranche, la prima di 70 euro con la mensilità di ottobre 2024, la seconda di 50 euro con la mensilità di luglio 2025 e la terza di 25 euro a marzo 2026. La decisione di mobilitarsi ha dunque portato buoni risultati e ha ripagato degli sforzi. A Bergamo, prima dello sciopero di settembre, si erano tenuti alcuni presidi ad Albino, San Pellegrino, Treviglio, nel capoluogo, poi a Milano”.

Ai contenuti di materia economica, nell’intesa si aggiunge un aumento di 2 euro, a carico del datore di lavoro, da destinare all’Assistenza Sanitaria Integrativa (ASI) a partire dal 1° gennaio 2026. Sempre sul fronte dell’ASI, a far data dal 1° gennaio 2025 l’Ente che ometta il versamento delle quote di assistenza sanitaria è tenuto ad erogare al lavoratore, per i mesi di mancata copertura, un elemento distinto della retribuzione di importo pari a 21 euro lordi, che non subirà alcun riproporzionamento anche in caso di part time, da corrispondere per 14 mensilità in aggiunta alla retribuzione.

“Sotto il profilo normativo sono stati ottenuti importantissimi risultati, in linea con gli obiettivi che ci eravamo prefissati” proseguono i rappresentanti provinciali dei sindacati firmatari. “Abbiamo positive novità su una serie di istituti e questioni: ad esempio, il nuovo contratto introduce e quantifica in 15 minuti il tempo necessario alla vestizione e svestizione. Si provvederà poi ad una importante revisione della classificazione del personale, in particolare rispetto all’educatore e all’OSS. Nello specifico, è stato ottenuto l’inquadramento dell’educatore al livello 3S, cancellando le previsioni legate all’anzianità di sevizio. In merito all’operatore socio sanitario, è stato deciso l’inquadramento unico in 4S eliminando la distinzione di livello in base al tipo di attività svolta nei riguardi di persone autosufficienti o meno”.

Rivisti anche alcuni aspetti che riguardano quattordicesima mensilità, scatti di anzianità e orario di lavoro (a seguito dell’abolizione del cosiddetto TEP, cioè il Trattamento Economico Progressivo. Viene poi rafforzata la tutela rispetto all’istituto della maternità, prevedendo l’integrazione al 100% della retribuzione nel periodo di quella obbligatoria. Sul fronte del mercato del lavoro, si è proceduto all’individuazione delle causali per la sottoscrizione di contratti a tempo determinato ed è stata rafforzata la clausola di stabilizzazione elevandola al 30%.

“Speriamo che il rinnovo di questo contratto possa essere un buon punto di partenza per rilanciare un settore che sta scontando un periodo di criticità per la grave carenza di personale e la difficoltà di reclutamento dello stesso. Il lavoro di cura, oltre ad essere impegnativo, sia dal punto di vista fisico che emotivo-psicologico, richiede delle ampie e differenti competenze che si acquisiscono non solo con la formazione in aula, bensì anche con l’esperienza acquisita durante l’attività svolta all’interno delle strutture. Il fatto che questi operatori si vedano finalmente riconosciuto un salario adeguato, si spera porti a un blocco della perdita di personale che si è creato all’interno delle RSA e che attiri più persone ad intraprendere un corso di studi nel campo socio-assistenziale.”

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