L’assessore regionale all’Ambiente Claudia Maria Terzi, al termine della Giunta a Palazzo Lombardia di questo lunedì 16 gennaio, ha annunciato che la Regione si costituirà parte civile anche davanti al Consiglio di Stato contro il ricorso presentato dalla ex Selca spa.
A maggio 2016 il TAR aveva respinto il ricorso di curatore ed ex-amministratori di Selca sull’intimazione a bonificare il sito industriale, fatta dalla provincia di Brescia: in quel frangente il tribunale amministrativo si era espresso condannando i responsabili dell’inquinamento a Berzo Demo secondo il principio sancito anche dalla UE che “chi sbaglia e inquina deve pagare”. Il principio ora non può più essere messo in discussione. Nel sito bresciano sono parcheggiate circa 37 tonnellate di scorie contenenti fluoruri, cianuri e metalli pesanti altamente cancerogene. I giudici del Tar avevano scritto nero su bianco che i responsabili avevano sottovalutato il rischio accettando che la situazione potesse progressivamente aggravarsi e finire fuori controllo. Così come i giudici hanno verificato che i soldi per la bonifica del sito, circa 9 milioni di euro, ci sono. Nel frattempo Regione Lombardia si era attivata da subito investendo oltre 200 mila euro per la messa in sicurezza del luogo: stoccaggio delle scorie in sacchi speciali messi al coperto dei capannoni che nel frattempo il curatore fallimentare aveva provveduto a mettere in sicurezza, facendo togliere le coperture d’amianto. Il ricorso al Consiglio di Stato era stato presentato dai quattro protagonisti contro la sentenza del Tar che intimava proprio a Flavio Bettoni (presidente del Consiglio di amministrazione dal 2007 al 2010), Piergiorgio Bosio (amministratore unico dal 1997 al 2007), Ettore Vacchina (procuratore speciale dal 2008 al 2009) e al curatore fallimentare di Breno, Giacomo Ducoli (al lavoro per la Selca dal 2010 e già indagato per disastro ambientale) di bonificare il sito e la falda essendo responsabili della contaminazione. Così i giudici del Tar avevano motivato la sentenza dando di fatto torto ai quattro e stabilendo che sarà il curatore a dover dimostrare che il peso non dovrà essere supportato solo dall’attivo del fallimento: la contaminazione della falda è stata rilevata quando la curatela fallimentare era ormai insediata da tempo, ed era stata avvertita del rischio ambientale. La mancata rimozione dei rifiuti nel tempo intercorso dopo il fallimento ha certamente aggravato la situazione, ed è quindi una concausa dell’inquinamento. Regione Lombardia ha quindi deciso di mantenere la linea intrapresa, accanto alla Provincia di Brescia, alla Comunitò M ontana di Vallecamonica ed al Comune di Berzo Demo, nella certezza di essere dalla parte giusta rispetto alle tematiche ambientali, andando quindi fino in fondo all’ultimo grado di giudizio, cioè al Consiglio di Strato la cui sentenza è inappellabile.