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Selca

Assolti in appello gli ex-amministratori di Selca

I fratelli Flavio e Ivano Bettoni, ex proprietari di Selca SpA di Berzo Demo, fallita nel giugno 2010, sono stati assolti anche in appello dall’accusa di traffico internazionale di rifiuti.

La Procura aveva contestato un traffico di materiale carico di cianuri e floruri che Selca aveva importato dall’Australia, passando da Marghera, per poi rivenderlo, questa l’accusa, senza essere trattato per circa 23mila tonnellate. I giudici di primo grado avevano definito chiaramente legittima l’attività di Selca, ed ora anche la Corte d’appello ha confermato la sentenza. Le miscele prodotte da Selca sono dunque state legittimamente preparate per il riutilizzo e vendute come prodotto al di fuori della disciplina dei rifiuti. Buona parte del materiale finito sotto indagine rimase nel piazzale dell’azienda di Berzo Demo dopo il fallimento e per la mancata bonifica la Procura ha già chiuso la seconda inchiesta: coinvolti ancora i fratelli Bettoni, proprietari all’epoca dei fatti, il curatore fallimentare Giacomo Ducoli e due componenti del consiglio della stessa Selca. Chiusa la vicenda giudiziaria ora tutto si sposta sul sito, per sanare un’area inquinata non solo per le scorie abbandonate sui piazzali, ma anche per quelle interrate della ex Ucar e per tutto quanto potrebbe essere stato versato nella zona circostante. La messa in sicurezza dei circa 45mila metri cubi di rifiuti pericolosi presenti in Selca si è conclusa circa un anno e mezzo fa: in parte sono stati posti in appositi big bags e stoccati all’interno dei capannoni, i cui tetti nel frattempo erano stati rifatti copn la rimozione dei tetti in amianto.Il resto dei cumuli è stato invece ricoperto con una guaina speciale che impedisce la dispersione in ambiente e si trovano attualmente stoccati sui piazzali dell’area industriale.. Il tutto utilizzando 240mila euro messi a disposizione dalla Regione al Comune, che ha avviato un’azione di rivalsa sul curatore fallimentare, soggetto che – in base a un’ordinanza- avrebbe dovuto occuparsene. Ora c’è il capitolo della bonifica del sito industriale e dello smaltimento del materiale stoccato. È in via di realizzazione il piano di caratterizzazione dei materiali, per capire come smaltirli e il curatore dovrebbe portare a termine quella del suolo, per individuare eventuali contaminazioni. Dovrebbe anche essere in corso un’indagine, sempre effettuata dal curatore, per individuare le imprese in grado di effettuare lo smaltimento. Ora resta da decidere chi dovrà pagare i molti milioni necessari per porre in essere la bonifica: il giudice della causa fallimentare ha a disposizione circa 9milioni di euro, ma non è intenzionato a utilizzarli a questo fine, e gli enti pubblici non hanno risorse.

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