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Anche in Val Brembana preoccupazione per il lupo

Si è svolto, presso la Sala-teatro dell’Oratorio di San Giovanni Bianco, il convegno “La
verità sul lupo”. Seguito da un pubblico attento per tutta la durata dell’evento, l’incontro –
organizzato dai Comitati per la tutela degli animali e delle persone, dall’Enal caccia e dalla Pro
Segugio (sezioni bergamasche), dall’Associazione nazionale per la tutela dell’ambiente e della vita
rurali – è stato moderato dal giornalista Giovanni Ghisalberti. Il compito di esporre il tema era
affidato al dr. Giancarlo Bosio, medico veterinario, cacciatore, esperto di gestione venatoria e dal
dr. Michele Corti, con esperienza di attività accademica in ambito zootecnico e ora presidente
dell’Associazione per la tutela dell’ambiente e della vita rurali, da anni impegnato nella denuncia del
pericolo, sia per gli allevamenti di montagna che per la sicurezza.
Giancarlo Bosio ha centrato il suo intervento sulla ormai famosa “Scala di Geist”, basata sulle
osservazioni di campo effettuate dall’illustre studioso nell’isola di Vancouver in Canada. Qui Geist si
era ritirato dopo la pensione. In un contesto di neocolonizzazione da parte del lupo, ebbe il privilegio
di osservare direttamente l’evoluzione del comportamento del predatore e dovette ricredersi sulle
teorie attinenti la non pericolosità del lupo diffuse negli ambiti conservazionisti accademici e alle
quali egli stesso aderiva. La cosa impressionante è che la “Scala di Geist” si applica molto bene alla
lettura del cambiamento in atto del comportamento del lupo in Italia. Il “lupo alla veranda”, il “lupo
che guarda dalla finestra” descritti da Geist, che solo qualche anno fa parevano “favole” ora sono
realtà. Mentre a Vancouver, una volta arrivati a “fondo scala” i lupi confidenti sono però stati
eliminati sistematicamente e legalmente, in Italia stiamo andando oltre e abbiamo già l’ottavo
stadio: il lupo che entra in casa. Anzi, si è arrivati ormai ad attacchi, il cui caso più famoso fu quello
della lupa (selvatica e non socializzata, pura come risultò dalle analisi del Dna dopo la sua cattura)
di Vasto, che nel 2022-23 nell’arco di dodici mesi in diverse occasioni attaccò gli esseri umani ben
quindici volte, con tredici persone azzannate persino sulla spiaggia e ricoverate in ospedale, inclusi
tre bambini dai 4 agli 11 anni.
Partendo da dove il dr. Bosio è arrivato, il dr. Corti ha mostrato, basandosi su un numero elevato
di episodi riportati su internet tra il 2010 e il 2013 (sinora 1.250 casi), come la marcia di
avvicinamento del lupo ai contesti abitati appaia inarrestabile. Negli ultimissimi anni sono aumentati
in modo esponenziale non solo gli avvistamenti di lupi all’interno dei paesi ma anche quelli nei
giardini e nei cortili. In un terzo dei casi la presenza dei lupi vicino alle case, tra le case, davanti alla
porta di casa comporta la predazione di animali domestici o selvatici (le vittime più frequenti i
caprioli, seguiti dai cervi). Come osservava Geist l’apparizione dei cervidi sin dentro gli abitati
(soprattutto nei mesi invernali) indica l’aumento dei lupi e della loro baldanza. Ma i più colpiti sono
i cani. Il dr. Corti ha fatto poi riferimento alle “regole d’ingaggio” che in Austria e in Svizzera sono
applicate ai lupi confidenti per tutelare la pubblica incolumità. Se fossero adottate in Italia si
dovrebbero abbattere centinaia di lupi. Di qui sorge la domanda: perché anche in paesi Ue come la
Francia, l’Austria, la Svezia il lupo viene controllato e in Italia è una “vacca sacra”?
La palla è passata ai politici. Erano presenti e sono intervenuti ben tre consiglieri regionali
bergamaschi: Lobati, Macconi e Malanchini, di fatto tutta la maggioranza era rappresentata.
Presente anche l’on. Bruzzone, responsabile nazionale per la caccia della Lega. I consiglieri regionali
hanno sottolineato, pur con accenti diversi, che la sensibilità dei loro colleghi, anche di centro-
destra, su questi temi è molto diversa. Di qui la difficoltà di assumere iniziative. Pur in questo
contesto hanno annunciato che la Regione Lombardia si impegnerà a venire incontro alle esigenze
degli allevatori e delle popolazioni attuando programmi di monitoraggio di propria iniziativa ed
evitando la prosecuzione di progetti come Life Wolf Alps che hanno fatto opera di promozione del
lupo, ignorando le esigenze di sicurezza dell’uomo (“il lupo non attacca l’uomo” continua a
sostenere LWA) e venendo incontro solo sulla carta e in modo assolutamente parziale a quelle degli
allevatori (cani e recinti non risolvono il problema e, a loro volta, ne creano altri).
L’on. Bruzzone, infine, ha sottolineato come il problema lupo, in Lombardia, sia ancora allo stadio
iniziale e come si potrebbe – facendo esperienza delle regioni appenniniche – prevenire la sua
degenerazione. In Liguria, dove vive Bruzzone, il problema è ormai sfuggito di mano tanto che egli
stesso non ha esitato a definirsi assediato dai lupi (come da riscontri del fototrappolaggio). Le
persone, e lui stesso, sono costrette a difendersi con alte recinzioni. Ma quando le persone, alla
sera, devono uscire per portare l’umido alla raccolta hanno paura. Una situazione invivibile che
caratterizza ormai molte zone appenniniche.
Su tutti gli interventi ha aleggiato il dibattito in atto in sede europea per il declassamento dello
status di protezione del lupo. C’è speranza ma anche un po’ di scetticismo perché a livello nazionale,
nonostante la più alta densità di lupi al mondo (nell’Appennino parmense e piacentino si è arrivati
anche a 10 lupi/100 km2!), si è incancrenito un ambientalismo ideologico che fa del lupo un totem
al quale molti ambienti sono poco inclini a rinunciare.

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