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Nei prossimi giorni inizieranno il percorso di formazione post-laurea i neolaureati in medicina che hanno scelto le varie specializzazioni. In pochi anni, da circa 7400 laureati all’anno in medicina nel 2016 si è passati a circa 9700 nel 2022 (Fonte Banca Dati MIUR), praticando quello che da molti è già considerato l’abbattimento del numero programmato. Negli stessi anni i contratti per le specializzazioni erano scesi a 5000 l’anno a causa dei tagli. Il COVID ha evidenziato gli errori e, in pochi anni, i posti sono stati triplicati: sono stati 16mila quelli messi a bando nel 2023.

“Purtroppo, – commenta Stefano Magnone, Segretario Regionale ANAAO-ASSOMED Lombardia – l’incapacità e l’incompetenza della politica hanno fatto sì che mai domanda e offerta si siano incrociate: quando il nostro sindacato ha cominciato a lanciare l’allarme sulla carenza degli specialisti, più di dieci anni fa, la politica non ha ascoltato, perché impegnata a tagliare. Quando poi si è accorta del problema ha reagito troppo tardi, aumentando i posti senza accorgersi che i risultati si sarebbero visti dopo 4-5 anni e, ora che abbiamo più posti che laureati, si affretta a chiedere l’abolizione del numero programmato, che provocherà solo disoccupati o emigrati tra 10 anni. Inoltre, se non si metterà davvero mano ai fabbisogni distinti per ciascuna disciplina, anche riformando le equipollenze tra le stesse, e smettendo di mantenere scuole di specializzazione aperte pur non essendo attrattive e neppure accreditabili, non avremo mai gli specialisti di cui abbiamo bisogno”.

Nel frattempo, i posti vanno a vuoto – anche in Lombardia – perché i medici preferiscono aspettare o emigrare invece che scegliere un mestiere che non offra sicure soddisfazioni professionali ed economiche, insieme a una qualità di vita che mal si concilia con turni, notti e fine settimana al lavoro in ospedale.

IL COMMENTO DEI DATI

I dati in nostro possesso, forniti da ALS e ANAAO Giovani, che ringraziamo per la collaborazione, ci permettono di fare alcune considerazioni mirate alla realtà regionale: in Lombardia il tasso di posti non coperti si attesta intorno al 31%, al di sotto della media nazionale che è del 38%. La situazione è quindi in netto peggioramento nella regione più grande d’Italia, anche se, andando più nel dettaglio, si scopre che le realtà non sono tutte uguali: le scuole mediche milanesi sono, in percentuale, nettamente più attrattive rispetto alle “periferiche” Brescia, Insubria e Pavia

Le più attrattive risultano essere, tra le quattro milanesi, le due private San Raffaele e Humanitas, che hanno però caratteristiche peculiari legate ai numeri molto piccoli e quindi a variazioni percentuali potenzialmente confondenti. La domanda che ci poniamo è se le tre “provinciali” scontano la diversa attrattività delle rispettive città o se invece sono le università a essere in difficoltà. Una risposta potrebbe venire approfondendo l’analisi di alcune scuole, come nel grafico sottostante, dove abbiamo preso in considerazione le scuole di una certa dimensione, almeno nove posti ciascuna, e con un tasso di scopertura superiore al 50%.

Effettivamente tra le peggiori della classifica figurano anche scuole milanesi, che anzi si attestano proprio sul podio, con il 100% di posti vuoti a Medicina d’Emergenza/Urgenza del San Raffaele, che probabilmente sconta problemi di qualità della formazione, dovuti alla scarsa attrattività della sede centrale della propria rete. Sul secondo gradino Medicina di Comunità e delle Cure Primarie di Milano Statale che probabilmente paga lo scarso interesse per l’organizzazione dei servizi territoriali, puniti anche dal disinteresse di Regione Lombardia. Terzo posto per Igiene e Medicina Preventiva alla Bicocca, per la stessa ragione, a nostro parere. Spiccano invece gli altissimi tassi di disinteresse per Chirurgia Generale e Anestesia e Rianimazione di Insubria, Brescia e Pavia, probabilmente un mix di scarsa attrattività delle scuole unitamente alla sede “periferica”.

In generale tra i contratti finanziati dallo Stato, oltre alle solite note Anatomia Patologica, Patologia Clinica, Microbiologia e Virologia e Radioterapia, in Lombardia sono particolarmente in sofferenza le discipline generaliste di Anestesia e Rianimazione, Chirurgia Generale, Medicina Interna e Medicina d’Emergenza-Urgenza con rispettivamente il 61%, il 47%, il 51% e il 72% di posti vuoti. C’è da chiedersi chi curerà in sala operatoria, in reparto e in Pronto Soccorso la maggior parte dei pazienti dei prossimi anni.

Sul versante dei contratti aggiuntivi finanziati da Regione Lombardia, oltre alle note discipline carenti, si aggiungono anche psichiatria, con il 100% dei posti regionali vuoti, e ancora Chirurgia Generale, Anestesia e Rianimazione, Ematologia, Medicina d’Emergenza-Urgenza e Chirurgia Vascolare.

“Davvero un quadro sconfortante – conclude Stefano Magnone, Segretario Regionale ANAAO-ASSOMED Lombardia – che metterà in crisi il sistema a cominciare dai prossimi anni, quando una grande fetta di medici esperti cesserà la propria attività lavorativa, ormai provati da un lavoro logorante, in una realtà, quella lombarda, davvero in ritardo rispetto alle esigenze attuali. I medici aspirano sempre più a un tipo di lavoro che viene svolto nel medio e grande ospedale, mentre la Lombardia ancora annovera ospedali troppo piccoli e non in zone disagiate. Pur riconoscendo gli investimenti di questi anni siamo comunque in grave ritardo, bloccati da beghe politiche di campanile che sono inconciliabili con la medicina moderna, sia essa ospedaliera o territoriale.

Una parte di responsabilità, possiamo ammetterlo, è anche in capo al sindacato che fatica a riconoscere la differenza, anche economica, tra chi lavora prevalentemente nel disagio dell’urgenza e chi ha più spazio per libera professione e qualità di vita. ANAAO ha già chiesto a Regione Lombardia di investire in questa direzione, con i poteri che l’attuale assetto normativo italiano concede alle regioni che vogliano investire nel proprio personale, valorizzandolo e incentivandone l’impegno e la dedizione”.