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Accadde oggi: quello di Srebrenica diventa genocidio a tutti gli effetti

Sono passati esattamente 14 anni da quel 19 aprile del 2004, in cui la sentenza arrivò forte e chiara da parte del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja: l’uccisione dei musulmani da parte dei serbo-bosniaci a Srebrenica l’11 luglio 1995 si trattò di un vero e proprio genocidio, nel quale persero la vita oltre 7400 persone.

Definito da Amnesty come l’eccidio più veloce della storia, ebbe luogo nel cuore dell’Europa si consumò in meno di una settimana. Srebrenica era un’anomalia: un’enclave a maggioranza musulmana in quella parte di Bosnia ormai del tutto “serbizzata“. Per far aderire sul campo i confini della “nuova” Bosnia, che sarebbero stati sanciti negli accordi spartitori di Dayton, occorreva mettere fine a quell’anomalia. Si doveva sacrificare qualcosa, Srebrenica era la città sacrificabile, e con lei i suoi abitanti. In una manciata di giorni uomini e ragazzi in età da combattimento furono sterminati. Separati dalle loro famiglie con il pretesto di essere interrogati, gli uomini vennero poi fucilati e gettati nelle fosse comuni. Si dice che la storia sia ciclica, la malvagità umana costante. Cinquant’anni dopo la Shoah, gli esseri umani hanno ripetuto l’irrepetibile.

A distanza di ventitré anni, le donne di Srebrenica continuano a piangere i loro morti. Diverse centinaia di vittime sono ancora disperse e il destino di oltre 8.000 persone in tutta la Bosnia-Erzegovina non è stato ancora chiarito.

A scuola se ne parla poco, i programmi ministeriali non arrivano fino a quel punto, nell’immaginario collettivo non si ricorda molto l’eccidio avvenuto proprio fuori dalla nostra porta di casa. Eppure, c’è stato, se si tende l’orecchio si può persino riuscire a sentire il pianto soffocato delle donne e le grida dei bambini, figli di un tempo atroce.

                               Maria Ducoli

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