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Ora non è più un modo di dire, una battuta popolare. Lo conferma anche l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che attraverso la comparazione dei dati rileva che nel 2023, al Nord si sono registrati 27 giorni lavorativi in più rispetto al Sud. Nel 2023 i dipendenti bergamaschi e bresciani in linea con i coolleghi della Lombardia i hanno lavorato in media oltre 16 giorni in più rispetto alla media italiana. Dietro i numeri, il peso di lavoro sommerso e precarietà.
Al Nord si lavora in media 255 giorni all’anno, al Sud 228: in altre parole, gli occupati del Nord Italia timbrano il cartellino 27 giorni in più all’anno rispetto ai colleghi del Sud. Lo sottolinea secondo cui all’origine di questi dati vi sono almeno due ragioni strettamente correlatetà
La prima – sostiene la Cgia – è dovuta a un’economia sommersa molto diffusa che nelle regioni meridionali ha una dimensione non riscontrabile nel resto del Paese e che, statisticamente, non consente di conteggiare le ore lavorate irregolarmente. La seconda è imputabile a un mercato del lavoro che nel Mezzogiorno è caratterizzato da tanta precarietà, da una diffusa presenza di part time involontario, soprattutto nei servizi, da tanti stagionali occupati nel settore ricettivo e dell’agricoltura, che abbassano di molto la media delle ore lavorate.
Gli operai e gli impiegati con il maggior numero medio di giornate lavorate durante il 2023 sono stati nella a Bergamo (262,6). Le province con meno presenze sono stati quelli Nuoro (205,2) e Vibo Valentia (193,3).
Anche in questo caso l’autonomia differenziata potrebbe mettere un po’ di ordine ad una tra le tante situazioni disomogenee della penisola
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