Si è concluso con la rielezione di Guido Fratta e la conferma della segreteria (Federica Scaburri e Maurizio Mistri) l’11° congresso di FISASCAT CISL, che si è svolto oggi nella Tenuta Piajo di Nembro, alla presenza di 82 delegati in rappresentanza di 12.300 iscritti (Fisascat è la più grande organizzazione sindacale dei lavoratori orobici). “Contrattare il futuro” è il titolo dato all’assise bergamasca della categoria che assiste e tutela i lavoratori del commercio, turismo, multiservizi, socio assistenziale, vigilanza) e Fratta ha esplorato crisi e opportunità che si celano nel futuro del terziario bergamasco. A partire dalla disaffezione che pare soffrire il settore.
Il Censis ha evidenziato che il 67,7% degli occupati italiani vorrebbe ridurre il tempo dedicato al lavoro e che a desiderarlo sono in egual misura giovani e meno giovani. Già oggi il 30,5% degli occupati (il 34,7% tra i giovani) dichiara di impegnarsi nel lavoro lo stretto necessario, rifiutando gli straordinari, le chiamate o le mail fuori dall’orario di lavoro ed eseguendo solo quel che gli compete per mansione. Altre ricerche pongono in risalto quanto il bilanciamento tra vita e lavoro costituisca oggi la principale priorità e, quanto un ambiente lavorativo sereno, stabile e sicuro prevalga persino sugli aspetti economici. Cala invece la spinta alla crescita professionale. Nella bergamasca, terra ad elevato tasso occupazionale, le conseguenze di questo nuovo articolato scenario si ripercuotono direttamente sui futuri equilibri nella domanda/offerta di lavoro per tutti i nostri settori. “La prima – dice Fratta -è connessa alla riduzione dell’offerta ovvero alla difficoltà crescente nel reperimento di figure professionali generiche o specializzate. Ciò proprio perché le nuove generazioni sono meno disponibili ad accettare occupazioni ove il sacrificio del tempo libero, specie in corrispondenza del weekend, sia a loro avviso eccessivo”.
La crisi demografica, poi, aumenta la difficoltà di incontro tra esigenze delle imprese e disponibilità all’impiego. “E la seconda conseguenza è connessa al game over lavorativo, con l’abbandono volontario del proprio impiego, anche in assenza di nuove concrete opportunità”.
Nella ricerca CISL sulle “grandi dimissioni”, è emerso che accanto alla prospettiva di uno stipendio migliore fosse preponderante l’insofferenza all’eccessivo stress-lavoro correlato, al clima aziendale e le relazioni professionali, alla necessità di ottenere un miglior equilibrio vita-lavoro e addirittura all’ impossibilità di fare smart working. “Sappiamo oltretutto che si stanno verificando negli ultimi anni travasi di manodopera dalla grande area del terziario a quella dell’industria, fenomeno nuovo nel mercato del lavoro. Il tema del benessere complessivo del lavoratore, del suo welfare in senso lato dovrà caratterizzare il nostro sviluppo negoziale. Ciò significa pensare che accanto alle essenziali rivendicazioni economiche, solo in parte compensate dai rinnovi contrattuali, dobbiamo sapere ampliare il raggio a temi che connotano la persona che lavora e non soltanto il lavoratore in senso stretto”.
Arginare l’abuso di forme contrattuali impropriamente usate è l’imperativo che Fratta lancia alla sua organizzazione per il prossimo quadriennio congressuale. “Vorremmo almeno provare a limitare l’eccesso di utilizzo del tirocinio, che dovrebbe conservare la sua natura strettamente formativa con l’obiettivo di acquisire davvero una qualifica professionale da spendere sul mercato del lavoro, mentre si traduce spesso in forme di lavoro sottopagato. In bergamasca abbiamo visto giovani cassiere, impiegati di studio, camerieri di sala, commessi svolgere attività senza neppure sapere chi fosse il proprio tutor. Bisognerebbe intervenire con una riduzione dell’orario di stage e predisporre moduli formativi che garantiscano realmente la costruzione del profilo professionale. E un discorso analogo vale anche per gli abusati contratti a chiamata, per le collaborazioni od ancor peggio per le false partite IVA. Così come non ci sembra più differibile un intervento previdenziale di garanzia per le nuove generazioni”.
Sarà indispensabile intervenire sul lavoro povero, “che caratterizza parte dei nostri impieghi, cercando di contrastare le fattispecie che contribuiscono a generarlo. Sgombriamo il campo dagli equivoci. Crediamo che la soluzione non risieda in un intervento normativo sul salario minimo poiché questo si tradurrebbe in un boomerang a scapito dei lavoratori e delle lavoratrici, specie nelle fasce medie. Occorre invece andare verso il riconoscimento effettivo dei sindacati confederali come autorità salariali in ossequio del principio di rappresentatività . Ci basti questo dato fornito dalla Fondazione Biagi durante un’iniziativa promossa dalla Fisascat Nazionale: il 21% dei Ccnl applicati al 97,33% della forza lavoro in Italia, oltre 13 milioni di lavoratori dipendenti, sono siglati dalle organizzazioni sindacali confederali Cgil Cisl e Uil. Mentre il 78,76% dei Ccnl depositati, applicati a soli 336.509 lavoratori, il 2,67% della platea di attivi del mercato del lavoro nostrano, sono siglati da associazioni minori. Quindi , una volta per tutte, stop ai sindacati di comodo, costruiti ad arte a danno dei lavoratori e avanti con la straordinaria stagione dei rinnovi contrattuali che grazie all’opera instancabile della segreteria nazionale, in meno di 4 anni ha condotto alla sottoscrizione di 26 ccnl per oltre 6 milioni di lavoratori”.
“Nei prossimi anni – ha concluso Fratta -, auspico con il concorso di Filcams Uiltucs e delle principali associazioni datoriali, che si possa invertire la rotta, provando a spiegare con maggiore enfasi quale sia davvero il peso economico politico e sociale che i nostri settori hanno assunto, anche attraverso iniziative, comunicazioni, e perché no , mediante la convocazione degli stati generali del terziario bergamasco”.

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