Foto tatta dal sito di Frtelii d’Italia della Camera dei Deputati
Credevo che quelli di destra fossero diversi, ma evidentemente mi sbagliavo. L’Italia è un paese anomalo, è bene ricordarlo. La gran parte della sua classe dirigente “è fuori” dalle logiche della politica partitica. Abbiamo più tecnici eccellenti che non parlamentari almeno adeguati al proprio ruolo.
Questo fa sì che ormai sempre più spesso si fatica a trovare nell’arco parlamentare non tanto un Mattei, un Di Vittorio, ma anche un Almirante, un Andreotti, un Berlinguer… quanto qualcuno che abbia un curriculum accettabile e che conosca l’uso del congiuntivo..
Quella cui assistiamo da ormai troppi anni è la saga dei dilettanti allo sbaraglio, che ha avuto come diretta conseguenza mettere un intero paese nell’incertezza economica, politica e finanziaria. E questa condizione è senza appello e senza scusanti né attenuanti.
Si va dalla totale ignoranza dei principi costituzionali, alla a-cultura politica, alla incapacità di mediazione, alla totale e costante anteposizione degli interessi non tanto personali quanto della propria immagine e comunicazione personale, rispetto anche alla formazione di un governo.
La mancanza delle preferenze ha allontanato la politica dal territorio. Prima c’erano, con cadenza quasi precisa gli incontri sul territorio; l’onorevole o il segretario di partito venivano in provincia per conoscere i problemi per discutere e per trovare insieme le soluzioni. L’attività nel partito dava a tutti la possibilità di conoscere e manifestare il proprio parere. Oggi non è più così: incontri non ce ne sono più, al massimo una pizzata dove è rigorosamente vietato discutere. Chi ha intenzione di fare carriera politica non si rivolge agli elettori, ma preferisce la politica del “lecca culismo” che se ben orchestrata ti porta lontano
Ma ci sono i nostalgici (come me) che credono che si possa tornare a fare politica a creare un partito capace di parlare agli italiani, superando i vecchi paradigmi dei partiti del secolo scorso. Lo schema della contrapposizione tra destra e sinistra non è più sufficiente a leggere il nostro tempo. Bisogna saper cogliere il “gusto” profondo della libertà di impegnarsi, di costruire qualcosa insieme, di rispettare veramente se stessi e gli altri.
Allora si potremo illuderci di non avere più furbetti e furboni che pensano solo al proprio interesse ad ogni livello che si credono galletti dove mostrare alle gallinelle il petto piumato. Dal basso al vertice sempre più su, fino ai nostri ministri. Questi, è come se si fossero uniti in una catena della solidarietà, ma all’insegna della comicità involontaria. È come se i ministri del governo Meloni si fossero messi d’accordo, uniti in una ideale staffetta: ogni settimana, a turno ma spesso anche in sequenza personale, producono una nuova gaffe esplosiva. A volte sono infortuni buffi, a volte politicamente scorretti, ma tutti di notevole impatto “spettacolare” e mediatico. Molte di queste gaffes, anche se non tutte, sono il prodotto di una loquacità irrefrenabile, come se fosse un obbligo imitare la Presidente del Consiglio che quanto ad interventismo è senza eguali. Ma proprio questa febbre della loquacità può giocare brutti scherzi. Ma parlando così spesso può capitare di non studiare bene i dossier, o anche – perché no – di confondersi, di incorrere in un lapsus involontario. O nominare le proprie amanti in posti di rilievo.
Per questo, ancora fiducioso che le cose si possano mettere a posto, mi rivolgo a Giorgia sperando che si possa cambiare qualcosa, in meglio. Ridacci la preferenza: non sarà il toccasana, ma aiuterà a fare in modo che l’interesse del cittadino torni ad avere un ruolo in questo mondo di ladri e di improvvisati
Antonio Martinelli