Alla vigilia del 20 giugno, Giornata Mondiale del Rifugiato, di seguito vi invio le considerazioni di Annalisa Colombo, segretaria della CGIL di Bergamo e responsabile dell’Ufficio Migranti del sindacato.
“Negli ultimi dieci anni il numero delle persone che, a causa di guerre, persecuzioni, crisi climatiche, hanno dovuto lasciare le loro case, città e Paesi è raddoppiato. Il dato diffuso dall’ultimo rapporto Global Trends di UNHCR parla di 120 milioni di uomini, donne e bambini disperati e disposti a tutto pur di trovare condizioni di vita migliori. Anche quest’anno la Giornata Mondiale del Rifugiato si celebra a ridosso di due tragedie del mare che contano molte vittime e, tra queste, molti bambini. Non dimentichiamo del resto quello che avviene lungo la Rotta Balcanica dove le persone si trovano ad affrontare respingimenti con cani e bastoni, privazione dei pochi beni posseduti, prima di provare ad arrivare a destinazione. Di ieri è la notizia dell’inchiesta della BBC sulla presunta diretta responsabilità della guardia costiera greca nella morte di almeno 40 persone vittime di alcuni dei numerosi casi di respingimento dalle acque territoriali greche verso quelle turche o addirittura dalle isole stesse”.
“Cosa possiamo aspettarci, anche a fronte dell’esito delle elezioni europee, da un’Unione che non esce certamente più forte in termini di coesione e solidarietà e dove le destre continueranno ad avere un forte peso in grado di condizionare le prossime scelte politiche così come hanno fatto negli ultimi anni? Sappiamo bene che il fenomeno della migrazione è strutturale e andrebbe affrontato con responsabilità e lungimiranza. Purtroppo pesa, invece, la retorica dell’invasione che, va sottolineato, è smentita dai dati: i Paesi a basso e medio reddito ospitano il 75% dei rifugiati. I Paesi meno sviluppati hanno dato asilo al 21% del totale. Per quanto riguarda l’Italia, va ricordato che i numeri delle richieste d’asilo presentate sono più bassi rispetto ad altri Paesi europei. Nel 2023, un terzo delle richieste di asilo dell’Ue sono state registrate in Germania (31%). Seguono Spagna (15% del totale) e Francia (14%), e solo al quarto posto arriva l’Italia con il 12% delle richieste complessive (dati Eurostat, marzo 2024)”.
“Quando poi le persone fortunosamente riescono ad arrivare in Italia e nei casi – limitati – in cui decidono di restarci, su cosa possono contare? Siamo un Paese accogliente? Purtroppo anche qui le criticità sono moltissime. A cominciare dall’istituzione e dalle difficili condizioni di vita dentro i Centri di Permanenza e Rimpatrio, ai tempi d’attesa (ci ricordiamo le lunghe file fuori dalle Questure…) per poter fare la domanda di asilo, alla difficoltà di trovare accoglienza per chi non arriva dalla rotta del Mediterraneo, ai bandi sempre più poveri che non garantiscono molti dei servizi, cominciando dai corsi di alfabetizzazione, fondamentali per avviare percorsi di autonomia o il sostegno psicologico per compensare situazioni post traumatiche gravi.
Anche in provincia di Bergamo la situazione non è buona, più fortunate le persone che vengono ospitate nei centri vicini ai Comuni più grandi, molto meno chi viene destinato a territori nelle alte valli o in montagna, in cui tutto diventa un ostacolo, dal poter frequentare un corso di italiano, al raggiungere il distretto sanitario o il centro per l’impiego, trovare occasioni di lavoro e di socialità. Da aggiungere, inoltre, che i territori stessi non sono preparati e attrezzati (molto spesso si tratta di Comuni molto piccoli con poche centinaia di residenti, soprattutto anziani) per ricevere un numero considerevole di persone di varie nazionalità e culture. Se torniamo all’assunto che le migrazioni sono ormai un fenomeno strutturale, lungimiranza vorrebbe che i fondi FAMI (strumenti della UE per facilitare l’integrazione dei richiedenti asilo) venissero utilizzati per favorire questi processi e non, come a volte succede, per pagare le spese amministrative delle Prefetture o soltanto per i progetti di ritorno volontario assistito, utili in alcuni casi ma non prioritari. Altro punto dolente è il gravissimo ritardo con cui avviene il pagamento degli enti che gestiscono i centri di accoglienza, causa principale della mancata o limitata disponibilità a partecipare ai bandi delle cooperative storiche del nostro territorio”.