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GIORNATA MONDIALE DEL MEDICO DI FAMIGLIA

Domenica mattina, nelle piazze delle province lombarde, i medici di famiglia hanno incontrato la popolazione: sono stati previsti punti di incontro per quattro chiacchiere, qualche consiglio e la consueta disponibilità apprezzata da molti cittadini e pazienti che si sono fermati ai gazebo.

L’edizione 2024 della Giornata Mondiale del medico di famiglia (nell’ambito della campagna di comunicazione promossa da Fimmg nazionale) si è trasformata quindi in un’occasione di dialogo e confronto a partire dal recente sondaggio di Ipsos che ha evidenziato il consenso – il più significativo all’interno del sistema sanitario nazionale – di cui il medico di famiglia gode tra la popolazione.

Il 77% dei cittadini desidera che il medico di famiglia sia punto di riferimento principale per la gestione della sua salute. Secondo il 26% dei cittadini, oggi i medici di famiglia svolgono prevalentemente una funzione amministrativa e burocratica, mentre per il 25% è una figura utile soprattutto a individuare esami di approfondimento e specialisti. Questo tipo di ruolo non è però quello che i cittadini vogliono: per ben il 77% degli intervistati, infatti, il medico di famiglia deve essere il punto di riferimento principale per la salute attraverso una presa in carico che va oltre la singola consulenza o prestazione. Tale dato è omogeneo in tutto il Paese, a prescindere dai contesti urbani o suburbani, dal livello di istruzione, dal reddito e dalla professione esercitata. Varia invece per le fasce di età più giovanili, dove supera di poco il 50%, mentre addirittura l’85% degli over60 conferma la necessità di un medico di fiducia come riferimento per le proprie patologie.

«Sono dati che indubbiamente ci confortano – sottolinea il segretario generale regionale, Paola Pedrini – e che oggi chiediamo, ancora una volta, al mondo politico di ascoltare. La medicina generale, tra asfissianti carichi burocratici e investimenti risicati sta attraversando uno dei momenti più difficili degli ultimi anni, tanto che non è più attrattiva per i laureati in Medicina e chirurgia. È fondamentale renderla disciplina del corso di laurea e del corso di specializzazione e tutelare i giovani medici nella loro fase di inserimento professionale. Sono molti i colleghi che già lavorano in forme associative organizzate, con personale amministrativo e infermieristico, e che stanno sperimentando la tele-medicina e il tele-monitoraggio. Dobbiamo allargare e potenziare questa platea, sostenendo con strumenti adeguati, come avviene in tanti paesi europei, il lavoro in team. Lasciamo al personale di studio gli atti di pertinenza non medica e torniamo ad occuparci a tempo pieno dell’ascolto e della cura del paziente. Con l’aiuto della diagnostica di primo livello possiamo migliorare i modelli di presa in carico e ridurre drasticamente le liste di attesa per le rispettive prestazioni».

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