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Spopolamento, in Alta Valle Brembana -39% negli ultimi 65 anni L’agenda dei «sogni» per salvarla


Riceviamo e pubblichiamo la lettera scritta dal presidente del Centro Storico Culturale Valle Brembana, Tarcisio Bottani, distribuita nel giorno 10 giugno in occasione degli Stati Generali della Montagna a Zogno. 


La crisi demografica dovuta soprattutto all’emigrazione, frenata in parte negli anni del fascismo, esplose in maniera incontenibile dopo la metà del Novecento, in concomitanza con l’avvio del “miracolo economico” italiano. In questi anni cruciali la Valle non seppe adeguarsi alla trasformazioni in atto a livello nazionale, che vedevano la sensibile contrazione dell’occupazione nel settore primario in favore di uno sviluppo impetuoso del secondario e, in seguito, del terziario. A parte rare eccezioni (iniziative turistiche a Foppolo, Piazzatorre e Serina e sviluppo dell’artigianato e della piccola industria a Brembilla), i paesi della Valle non riuscirono ad integrare la tradizionale economia rurale con nuove iniziative imprenditoriali e non seppero dotarsi delle infrastrutture necessarie a garantire un reddito apprezzabile ai residenti e indurli a non abbandonare la loro terra d’origine.

Solo le località di fondovalle, grazie alle industrie sorte agli inizi del Novecento e a poche altre iniziative, riuscirono a mantenere pressoché costante, o addirittura ad aumentare, il livello di popolazione, diventando a loro volta meta d’immigrazione dalle rispettive contrade e dai paesi vicini. Per i nostri paesi la prima e più evidente conseguenza di questo tumultuoso sviluppo economico e sociale fu quindi l’abbandono delle tradizionali attività agricole: decine di contadini e piccoli allevatori delle località montane che fino ad allora si erano dedicati a questo mestiere con i mezzi e le tecniche tramandate dalle generazioni precedenti, abbandonarono in pochi anni mandrie e pascoli per andare a lavorare nelle fabbriche del fondovalle.

Il calo demografico che ha interessato i comuni dell’alta Valle Brembana e della vallate laterali è stato generalmente piuttosto sensibile e in taluni casi addirittura abnorme, superiore al 70 per cento a Ornica e al 60 per cento in paesi come Averara, Mezzoldo, Piazzolo e Valtorta.


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*Indice di vecchiaia: rappresenta il grado di invecchiamento di una popolazione. È il rapporto percentuale tra il numero degli abitanti >65 anni ed il numero dei giovani <14 anni. Il valore è uguale 100 quando il numero degli over 65 è uguale a quello degli under 14. Ad esempio l’indice di vecchiaia per il comune di Ornica dice che ci sono 75 anziani ogni 10 giovani.


Sono almeno 50 anni che osservo l’affannarsi attorno al capezzale dei paesi di montagna generazioni di politici, amministratori, sociologi, imprenditori, ecc. con risultati che, relativamente all’aspetto demografico, possono considerarsi pressoché nulli. I problemi della montagna sono stati trattati alla stregua di quel medico che vorrebbe curare un malato grave somministrandogli infusi di camomilla. La prova dell’inutilità di tutti gli sforzi e di tutte le ricette messe a punto dai vari provvedimenti finalizzati a garantire alle popolazioni montane condizioni di vita in grado di rendere conveniente risiedere nei paesi d’origine emerge dai dati relativi all’andamento demografico delle località montane nei decenni seguiti al “miracolo economico”.

A titolo esemplificativo viene qui proposta la situazione dei 20 comuni dell’alta Valle Brembana, ma la realtà non è molto diversa in altre zone, non escluse alcune vallate di regioni alpine che spesso vengono portate ad esempio per le soluzioni adottate in questo campo. Al consistente calo demografico generalizzato dell’alta Valle Brembana fanno eccezione due paesi, Foppolo e Piazza Brembana: il primo, in rapporto all’entità dei fenomeni che l’hanno interessato presenta un incremento del tutto trascurabile; il secondo ha accolto immigrati dai paesi più a monte che hanno compensato la tendenza migratoria dei residenti.    Va inoltre precisato che una parte degli abitanti indicati  come residenti, lo sono solo ufficialmente, mentre in realtà vivono altrove e alla luce di questo fatto la situazione demografica è ancora più grave.

Un piccolo dato aggiuntivo: nel 2017, nei 20 paesi presi in considerazione, sono nati in tutto appena 29 bambini e in 10 di questi paesi non ne è nato nemmeno uno. Ciò conferma che il livello di età della popolazione è assai elevato, come del resto emerge chiaramente dalla tabella. Ne consegue che se le cose non cambiano radicalmente, nel giro un trentennio molti di questi paesi saranno completamente spopolati. Salvo rianimarsi nei fine settimana o in estate per il ritorno degli emigrati in cerca di tranquillità e aria buona…

Le strategie finora adottate per risolvere il problema demografico montano sono fallite: l’incentivazione della zootecnia, tramite la valorizzazione del prodotto caseario tipico, ha dato risultati trascurabili; il settore turistico, sia estivo che invernale, più che espandersi si sta riducendo; l’imprenditoria locale nell’artigianato e nel commercio si è drasticamente contratta; le iniziative giovanili sono assai rare e di limitata rilevanza. Di conseguenza è necessario pensare ad altre soluzioni, prevedendo interventi radicali e del tutto nuovi, in grado di convincere i giovani a vivere in montagna. Servono appropriate e provvedimenti davvero efficaci, prevedendo investimenti necessariamente onerosi, senza il vincolo di far quadrare i bilanci, quasi certamente senza ritorno immediato, ma finalizzate al maggiore interesse comune. A rischio di apparire visionario, formulo di seguito qualche suggerimento radicale che può avere la sua ragion d’essere, visto il fallimento dei provvedimenti finora adottati.


L’agenda dei sogni

* I paesi di montagna dovrebbero essere considerati zona franca, con tutte le conseguenze connesse.

* L’ente pubblico dovrebbe acquistare le casi non occupate e metterle a disposizione a titolo gratuito delle giovani coppie che intendono fissare la residenza in paese.

* I residenti in questi paesi, di qualsiasi età, dovrebbero essere esentati dal pagamento dell’Irpef sul reddito da lavoro o da pensione e da ogni tassa e imposta erariale o fiscale relativa ad utenze elettriche, termiche e servizi pubblici.

* Le imprese artigianali e gli esercizi commerciali dovrebbero esentati dall’Iva e dalle altre imposte e da qualsiasi tassa; il prezzo della benzina ai distributori locali dovrebbe essere esente da ogni imposta erariale e fiscale.

* Dovrebbe essere previsto inoltre un consistente incentivo per le iniziative imprenditoriali locali, in particolare quelle giovanili.

* La montagna dovrebbe essere presentata, tramite apposite campagne promozionali, ma non olografiche, come il luogo ideale per viverci, sinonimo di libertà, benessere e divertimento.

* Sul piano sociale, a livello familiare andrebbe incentivata  la natalità, prevedendo consistenti contributi; la permanenza nei paesi dovrebbe essere favorita anche dalla garanzia di poter fruire dei servizi pubblici essenziali (asili, scuole, ambulatorio medico, ufficio postale, ecc.) se non direttamente in paese, almeno in un’area limitrofa ben collegata con mezzi pubblici, e di poter accedere a collegamenti internet veloci.

Dove si trovano i soldi? La risposta è facile: recuperando gli oltre 100 miliardi annui di evasione fiscale. Basta volerlo.


TARCISIO BOTTANI

Presidente Centro Storico Culturale Valle Brembana

 


 

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