Il ghiacciaio dell’Adamello, il più grande, profondo ed esteso in Italia, scomparirà quasi sicuramente entro la fine del secolo per effetto del riscaldamento globale, con le ipotesi più papabili fissate attorno al 2080. La diminuita nevosità invernale, infatti, si somma all’effetto dell’aumento delle temperature e porta a una sentenza con speranze di appello quasi nulle.
È quanto emerge da due anni di studio e analisi del progetto ClimADA, che ha permesso non solo di ricostruire la storia del ghiacciaio e dei suoi cambiamenti nell’ultimo millennio, ma anche di prevedere la sua dinamica nei prossimi decenni a seguito degli impatti attesi del cambiamento climatico in atto.
Gli esiti sono stati presentati questa mattina al convegno finale “ClimADA – Il ghiacciaio dell’Adamello nell’epoca del cambiamento climatico” che si è svolto a Brescia, presso il Collegio Universitario di Merito Luigi Lucchini.
“Il progetto ClimADA è come un termometro che misura il livello di salute climatica non solo del ghiacciaio dell’Adamello ma più in generale dei nostri territori, che ha fatto suonare un non rinviabile campanello di allarme”, commenta Elena Jachia, Direttrice Area Ambiente di Fondazione Cariplo. “Proprio per questo, Fondazione Cariplo prosegue e rafforza il proprio impegno sul cambiamento climatico attraverso il progetto F2C – Fondazione Cariplo per il Clima e la Call Strategia Clima, la cui nuova edizione avrà come scadenza il prossimo 23 aprile”.
“Regione Lombardia ha sostenuto questo progetto facendo rete con realtà istituzionali e accademiche per avere dati scientifici certificati”, ha dichiarato l’assessore all’Ambiente e Clima di Regione Lombardia, Giorgio Maione. – Siamo impegnati non solo nella sensibilizzazione, ma anche in azioni concrete e condivise sia con i territori confinanti che con un network internazionale di regioni, la Under2 Coalition, che condividono le politiche volte a limitare le potenziali conseguenze del cambiamento climatico. Grazie al lavoro di Arpa effettuiamo 20 misure glaciologiche ogni anno per rilevare variazioni di volume dei ghiacciai”.
“Il ghiacciaio dell’Adamello rappresenta uno dei più potenti archivi della storia climatica, ambientale e umana delle Alpi Italiane e in particolare della Lombardia”, commenta Fabrizio Piccarolo, Direttore di Fondazione Lombardia per l’Ambiente, ente che ha coordinato il progetto ClimADA. “I risultati sono drammaticamente sorprendenti, in particolare per l’accelerazione degli effetti del cambiamento climatico in atto nelle nostre Alpi. Ci auguriamo e c’impegniamo in prima persona perché si possa continuare questa imponente opera di studio, anche per sensibilizzare la cittadinanza e le istituzioni sulle delicate tematiche del cambiamento climatico”.
Lo studio della carota di ghiaccio
Fino a oggi si pensava che i ghiacciai temperati come l’Adamello non riuscissero a conservare informazioni climatiche e ambientali in modo da permettere una ricostruzione affidabile. Il progetto ClimADA ha invece dimostrato che questi ghiacciai, e in particolare proprio quello dell’Adamello, sono capaci di archiviare dati importanti sugli aspetti del clima e dell’ambiente alpino.
La carota di ghiaccio di ADA270, estratta con la perforazione del ghiacciaio del 2021, è stata analizzata all’EuroCold LAB dell’Università di Milano-Bicocca, ed è stata datata utilizzando un modello età/profondità appositamente costruito per i ghiacciai temperati. Tutti i 224 metri di ghiaccio sono rappresentativi di circa 2.000 anni della storia climatica e ambientale dell’area delle Alpi Centrali, dall’epoca di Cristo ai tempi nostri.
È stato misurato, sempre al laboratorio EuroCold e in collaborazione con INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare il livello Cesio rilasciato durante l’incidente di Chernobyl a circa 2 metri di profondità nella carota di ghiaccio. Probabilmente oggi, viste le perdite di massa subita dal ghiacciaio negli ultimi 2 anni, sono strati di ghiaccio in fusione. Allo stesso tempo, il livello di Trizio (idrogeno radioattivo) del 1963, causato dalle esplosioni termonucleari in atmosfera, è attualmente a poco più di 22,5 metri di profondità, invece dei 30 metri rilevati nel 2016.
È stata inoltre effettuata una registrazione dettagliata degli eventi di trasporto delle polveri fini atmosferiche nell’area delle Alpi Centrali. Queste polveri fini hanno un effetto importante di tipo climatico, in quanto antagoniste dei gas serra (raffreddano invece che riscaldare) e di tipo ambientale, in quanto depositate su ghiaccio e neve aumentano la quantità di energia che i ghiacciai e le aree innevate assorbono (maggiore fusione).
La collaborazione con Paul Scherrer Institut ha permesso di misurare – presso il laboratorio svizzero – gli isotopi stabili dell’ossigeno, fortemente legati alla temperatura delle masse d’aria da cui si generano le nevicate, e i black carbon, la componente di carbonio elementare che deriva dalla combustione industriale e civile. Sono importanti registrazioni che permettono di comprendere il livello di impatto che le aree urbane hanno sull’area alpina.
Ancora sull’Adamello è stata combattuta una parte importante della Guerra Bianca durante la Prima Guerra Mondiale. Le azioni militari tra il Regno d’Italia e l’Impero Austro Ungarico hanno lasciato tracce sia sulle vette che sul ghiacciaio stesso. La presenza di uomini e animali, le attività di trinceramento e di bombardamento, allo stesso modo le attività di logistica e di trasporto di materiali e munizioni sono stati osservati e misurati in una serie di livelli all’interno della carota di ghiaccio. Pollini e materiali vegetali, spore e funghi, frammenti di vario tipo, tipici della presenza di soldati, di muli e di cani usati per il trasporto dei materiali sono tra i materiali che sono stati osservati all’interno del ghiaccio a oltre 65 metri di profondità.
La misurazione in fibra ottica del ghiacciaio
Nell’ambito del progetto ClimADA, il team del Politecnico di Milano e della sua start up Cohaerentia, con il supporto della società Land & Cogeo, ha svolto attività di monitoraggio del ghiacciaio dell’Adamello, in cui a fine primavera del 2021 erano stati installati diversi cavi sensore a fibra ottica all’interno della perforazione realizzata presso il Pian di Neve. Tale monitoraggio si è avvalso dell’innovativo sistema di misura che permette la ricostruzione dei profili verticali di temperatura e deformazione fino a una profondità di 170 metri, con una risoluzione spaziale di un metro, attraverso la tecnica chiamata Brillouin Optical Time Domain Analysis (BOTDA).
La sperimentazione effettuata in ClimADA rappresenta la prima installazione realizzata in un ghiacciaio alpino di un sistema di monitoraggio in grado di quantificare profili distribuiti continui di temperatura e deformazione lungo tutta la perforazione. I dati forniti dai sensori a fibra ottica sono stati finora di grande importanza per comprendere come si muove l’intera massa del ghiacciaio e per essere inseriti in un modello termo-fluidodinamico ad elementi finiti, sviluppato dalla squadra dell’Università di Brescia per predire la futura evoluzione del ghiacciaio dell’Adamello.
Le misurazioni indicano una temperatura di poco inferiore a 0° C anche a elevate profondità del ghiacciaio, specialmente durante il periodo estivo, confermando la tendenza all’aumento del tasso di fusione del ghiacciaio dell’Adamello. Relativamente alle misure di deformazione, il fatto che il cavo in fibra ottica appaia ancora integro a tre anni dall’installazione, senza forti tensioni e perdite localizzate, suggerisce che la perforazione sia all’interno di un blocco di ghiaccio che non presenta significativi movimenti relativi interni, nonostante la progressiva formazione nelle vicinanze della perforazione di profondi crepacci che stanno caratterizzando la fisionomia dell’intero ghiacciaio.
Il modello matematico: un destino già scritto per l’Adamello
A partire dalle misure effettuate tramite le fibre ottiche, l’Università degli Studi di Brescia ha definito il modello matematico della dinamica del ghiacciaio dell’Adamello composto da un modello di bilancio energetico e di massa sulla superficie e da un modello termo-fluidodinamico del ghiacciaio.
Nel dettaglio le misure di accumulo nivale – effettuate in modo sistematico dalla metà degli anni Sessanta nel sistema idrografico del Sarca-Chiese-Oglio – mostrano una diminuzione compresa tra il 5% e il 6% ogni dieci anni rispetto al valore di 800 millimetri di equivalente in acqua misurati al di sopra del 2500 metri in aprile all’inizio del periodo di monitoraggio. Le temperature dell’aria misurate dal 1996 al 2022 presso la diga di Pantano d’Avio, ai piedi del Monte Adamello sul versante lombardo, sono aumentate di circa 0.4°C ogni dieci anni, con effetti molto gravi anche sul permafrost la cui fusione rende instabili le pareti rocciose, aumentando il pericolo per gli alpinisti. Il bilancio di massa calcolato nell’ultimo quindicennio marca una perdita media di quasi -2.2 metri all’anno di spessore equivalente in acqua, contro i -1.4 metri all’anno del quindicennio precedente.
Come inevitabile conseguenza di questi fattori, l’estensione areale del ghiacciaio prosegue inesorabile. La superficie del ghiacciaio che nell’agosto 2007 misurava 15.7 km2 nell’agosto 2022 si era ridotta a 13.1 km2, con un ritiro dell’11% ogni dieci anni.
Le misure di bilancio di massa effettuate nel 2022 dai glaciologi lombardi e trentini attestano una perdita media di spessore più che doppia rispetto alla media calcolata dal 1995 al 2009 e in perfetta sintonia con i risultati del modello matematico ‘bresciano’, collaudato con successo anche per i ghiacciai del Karakorum. Questo modello, inizializzato con le misure di temperatura estiva e invernale – effettuate nel progetto ClimADA con la fibra ottica dal team del Politecnico di Milano nel foro del carotaggio dell’Università Bicocca – prevede che nell’ipotesi che il clima rimanga quello dell’ultimo trentennio, l’estensione del ghiacciaio dell’Adamello si riduca a pochi ettari a fine secolo. Se si assume che il riscaldamento globale sia quello previsto dagli scenari più ottimisti, corrispondenti a un riscaldamento contenuto al di sotto di 2.0°C rispetto al clima attuale, la sostanziale scomparsa del ghiacciaio avverrebbe prima del 2080.
Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) se non verranno messe in atto le azioni di decarbonizzazione previste dall’accordo di Parigi le temperature in questa regione delle Alpi aumenteranno tra 2 e 3 gradi centigradi nel 2050 e di circa 5 gradi alla fine del secolo, determinando così la scomparsa del ghiacciaio dell’Adamello. La perdita di massa potrebbe subire un’accelerazione anche per effetto del continuo annerimento, visibile sulla superficie del ghiacciaio dell’Adamello, prodotta dal deposito delle polveri trasportate dal vento e dallo sviluppo di sostanze organiche che aumentano la predisposizione del Ghiacciaio ad assorbire la radiazione solare e a fondersi.
Attività sul territorio: sensibilizzare la popolazione sul cambiamento climatico
Fondamentale il lavoro di disseminazione dei risultati e di coinvolgimento del territorio, in particolare delle nuove generazioni. Comunità Montana Valle Camonica, ente gestore del Parco dell’Adamello, in collaborazione con SGL – Servizio Glaciologico Lombardo ha organizzato ben 10 conferenze aperte al pubblico e svolto lezioni nelle scuole della Valle Camonica per un totale di 1.000 studenti. Inoltre ha predisposto circa 30 uscite di rilievi sul ghiacciaio e analizzato oltre 2.000 scatti fotografici per realizzare dei confronti temporali del ghiacciaio dell’Adamello.
ClimADA è un’iniziativa co-finanziata da Fondazione Cariplo e Regione Lombardia, insieme a Edison e Valle Camonica Servizi Vendite. Partner del progetto sono, oltre a Fondazione Lombardia per l’Ambiente, l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, il Politecnico di Milano, l’Università degli Studi di Brescia e la Comunità Montana Valle Camonica/Parco dell’Adamello.