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San Simone, la protesta dei residenti «Questa è ghettizzazione, disperati nelle mani di speculatori»


«Ci siamo dati la zappa sui piedi. L’unica arma che avevamo era il turismo, era la nostra unica risorsa. Ora chi si accollerà la gestione degli impianti con questa situazione?» Sono le riflessioni e gli interrogativi dei cittadini di Valleve e San Simone che nella sala parrocchiale della comunità si sono dati appuntamento lo scorso venerdì 2 giugno per fare il punto della situazione sull’emergenza profughi, scattata nei giorni scorsi dopo che la prefettura di Bergamo aveva dato l’ok al trasferimento di alcuni richiedenti asilo (oggi 75 in un paese di circa 130 anime) all’Hotel gestito da Franco Quarti. Con loro c’erano anche i rappresentanti di comune e associazioni.

«C’è da augurarsi che se ne vadano da soli», esordisce qualcuno sopra le righe. Anche se gli interventi borderline sono stati molti. Ma la verità – oltre ai discorsi retorici avanzati a più riprese, e mossi in modo sostanziale dalla grande paura per gli scenari che il futuro potrà prefigurare per il paese – è che come i cittadini stessi neanche il Comune ne sappia molto. Una prima chiamata informativa alla Prefettura era stata fatta proprio dal primo cittadino, Santo Cattaneo, il risultato che ne è conseguito è stato un bel due di picche. «Non sappiamo di nazionalità siano, se clandestini o fuggiti da territori di guerra o semplicemente alla ricerca di un mondo migliore, se sono controllati a livello sanitario e quale può essere il loro percorso di integrazione», raccontano in assemblea. Nell’aria la sensazione è che l’Hotel San Simone possa essere in un certo senso funzionale come centro di smistamento con conseguente andirivieni di richiedenti asilo. L’ipotesi è molto più che accreditata.

Una condizione però che spaventa i residenti ma soprattutto i proprietari delle poche piccole attività, che hanno chiesto in prima battuta al comune di vigilare in ordine di sicurezza e sanità. C’è poi chi vorrebbe una controperizia dell’ATS Bergamo, che aveva dato l’ok alla struttura per quanto concerne l’accoglienza dei rifugiati. C’è poi chi si appella al fatto che la zona sia riconosciuta come Area Parco, e proprio per questo, non idonea a queste finalità. Ma oltre alla maggioranza dei residenti contrari all’accoglienza dei rifugiati c’è chi da giorni ormai sostiene che quello che sta avvenendo è semplicemente la diretta conseguenza di una cattiva gestione delle politiche sul turismo. «Informazione scarsa e impegno nullo»,  è l’attacco dei cittadini alle istituzioni. Ora la richiesta è che «si possano trovare elementi necessari per frenare il problema». A partire proprio dalla lettera – e conseguente raccolta firme – che ha già avuto inizio e che poi successivamente sarà spedita alla prefettura.

«Siamo di fronte ancora una volta al business di imprenditori privati, cooperative e associazioni che per propri interessi speculativi con il supporto di uno Stato che non tutela i propri cittadini dal punto di vista lavorativo, sanitario e della sicurezza, sta facendo sì che accada tutto questo senza il rispetto della gente locale – c’è scritto nella lettera di protesta che sarà indirizzata a Via Tasso, e che accompagnerà la raccolta firme -. Questa non è integrazione ma ghettizzazione di gente disperata nelle mani di opportunisti e speculatori. Noi ci opponiamo a questo sistema di fare accoglienza a discapito della nostra gente, cancellando prospettive future e soprattutto generando paure e insicurezze».

L’unica cosa certa è che il prossimo 17 giugno la popolazione si riunirà per una manifestazione – corteo di protesta, per dire no all’accoglienza dei 75 richiedenti asilo. «La via da perseguire è quella del turismo», è il mantra dei residenti che rimbomba in paese.


 

 

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