- di Antonio Martinelli
Nel vocabolario politico. «privatizzare» è una parola proibita: in Italia la si associa a una breve stagione nella quale si tentò di ridurre l’asfissiante presenza statale nel comparto produttivo. Chi ha un po’ di memoria ricorderà che lo Stato era impegnato in prima persona con la tessera telefonica e altre innovazioni targate SIP e faceva i panettoni, la passata di pomodoro e le sigarette.
Il ministro Giorgetti ha accennato a un possibile disinvestimento in alcune partecipate. Annunciando l’operazione sulla rete telefonica, Giorgetti ha voluto chiarire che lo Stato può entrare nel capitale di un’azienda, ma anche uscirne.
Privatizzare dovrebbe significare restituire un’impresa al mercato. Cioè non occuparsene più, imparare a rispettarne l’autonomia. Questo crea opportunità per la concorrenza: come è stato con l’esecrata privatizzazione della telefonia, che ha aperto spazi per altri operatori e consentito prezzi fra i più bassi in Europa.
Nel periodo in cui ho frequentato, per due mandati, la Provincia d Bergamo ricoprendo –nel primo mandato – il ruolo di presidente della Commissione Bilancio, Patrimonio ed d attività Produttive e nel secondo quello di Capogruppo di maggioranza mi sono trovato di fronte alla spiacevole situazione nata da una iniziativa lodevole. Essendo competenza primaria della Provincia, gestire la rete delle strade le scuole superiori, decidemmo di costituire l’ABM acronimo di Azienda Bergamasca Multiservizi. In fondo perché dovevamo spendere denaro per la gestione del riscaldamento e la manutenzione delle aule e avvalerci di progettazioni esterne per la realizzazione di strade. Non erano gli uffici provinciali all’altezza di questo compito? Ebbene sì. Da quel momento tutti i progetti che avevano capo in questi settori venivano gestiti direttamente. Ma ci sfuggì un particolare. Essendo al ABM una Società che godeva di una certa autonomia, dopo pochi mesi ci trovammo che erano state generate numerose Società con competenze diverse , ma in grado di competere con le Società private che già svolgevano sul territorio la loro lodevole missione, Inoltre la Provincia di Bergamo si trovava invischiata in due operazioni costose ed insicure come la centrale turbogas di Benevento (impegno di 5 milioni di euro) e le pale eoliche di TroJa (impegno di 3,5 milioni di euro)
Fu così che i rapporti con il Presidente Valerio Bettoni toccarono i, punto più basso . Durante la dichiarazione di voto che feci in aula ricordo che mi rivolsi al Presidente riconoscendogli una grande abilità di muoversi sul territorio bergamasco, del quale conosceva anche gli angoli più nascosti ed i relativi problemi, ma lo sollecitavo a nome del Gruppo ad un atteggiamento più cauto quando si trattava di intraprende iniziative rischiose lontano dalle mura venete di città alta.
Anche in Provincia di Bergamo era , quindi, facile cadere al canto delle sirene che declamavano le bellezze dell’impegno pubblico in faccende che potevano essere ben gestite dal privato
Se la sfida dei prossimi anni è, per il nostro Paese, avere tassi di crescita più alti che in passato, l’obiettivo dovrebbe essere riaccendere il dinamismo economico, rafforzare la capacità di attrarre risorse e la voglia di fare impresa. Un’economia sana ha bisogno di buoni incentivi, di regole che siano uguali per tutti, senza operatori che possano attingere alla borsa pubblica o che abbiano un filo diretto con i ministeri. Privatizzare, dunque, per togliere spazio al monopolio e al privilegio, scommettendo sull’impresa.
C’è questo, nei piani del governo? Per ora sulle dismissioni non ci sono programmi ben definiti. Invece il Tesoro ha acquistato, a caro prezzo, una partecipazione nella rete telefonica Tim. Era l’uso migliore dei quattrini del contribuente? Già a parlare di privatizzazioni si rompe un tabù. Se anche dovesse mettervi mano per questioni meramente finanziarie, il centrodestra però farebbe bene a riprendere il filo di una coerenza su una questione di questo peso. Qualche idea, in politica, aiuta