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Redditi: sempre più ampia la forbice

“Negli ultimi anni la forbice tra povertà e ricchezza si è sempre più ampliata, allargando anche altre differenze sociali: gli accessi alle cure, ad esempio, per una fascia sempre più corposa, sono diventati difficili e nonostante le risorse del PNRR e della Finanziaria sulla sanità, i problemi relativi alle liste di attesa con tempistiche sempre più lunghe e al reclutamento di nuovi medici e professionisti delle terapie permangono. Inoltre dal rapporto Censis si evince che il 79% degli italiani è preoccupato per il funzionamento del Servizio sanitario, esprimendo il timore di non poter accedere a cure tempestive in caso di malattia, se non utilizzando risorse proprie . Questo crea nella coscienza collettiva la sensazione che nell’accesso ai servizi sanitari ci siano disparità reali che ampliano le disuguaglianze sociali. I fattori socio-economici vanno tenuti in considerazione, dato che la sorveglianza sanitaria ha registrato percentuali di rinuncia più alte tra chi ha difficoltà economiche”
Così, Angelo Murabito, segretario CISL di Bergamo, commenta i risultati dell’indagine che il dipartimento Welfare del sindacato di via Carnovali ha messo a punto sui dati del MEF.
Nell’anno di imposta 2021, meno del 6% dei contribuenti bergamaschi ha prodotto redditi quasi pari a quanto prodotto dal 70% della popolazione: la fascia di reddito “alta e altissima”, infatti, ha dichiarato quasi 5 miliardi di reddito, contro i 6 abbondanti delle fasce di reddito da 0 a 25mila €. E questa forbice, se confrontata con il 2018, si è ampiamente allargata: la fascia bassa non ha praticamente cambiato il totale del proprio reddito, mentre quella più abbiente in 3 anni è salita di quasi mezzo miliardo di euro.
Un altro aspetto interessante della analisi CISL riguarda lo sviluppo dei redditi per categorie: se per lavoratori e pensionati la somma di quanto denunciato sul 730 è rimasta pressoché invariata dal 2018 al 2021, per lavoratori autonomi e imprenditori è cresciuta rispettivamente del 28 e del 13%.
L’elaborazione CISL racconta che il 68 % della popolazione dichiara redditi lordi sotto i 26mila euro, il 26%, invece, guadagna cifre tra i 26 e i 55mila euro e solo il 5,5% presenta dichiarazioni dei redditi superiori ai 55mila, per una dichiarazione totale di 19 miliardi e mezzo e una media di reddito di 24.570,87 (erano 18 miliardi e mezzo e 23.787,40 nella dichiarazione del 2018).
“Insomma – continua il segretario CISL -, siamo di fronte a un panorama che si complica sempre di più, e che rende difficile la vita delle persone. Ogni ritardo nel contrasto della povertà aumenta la sua diffusione e rende sempre più elevati i costi che la collettività deve sostenere per ridurla . Si rischia in tal modo di entrare in un circolo vizioso senza grosse possibilità di uscirne. Il lavoro precario o le basse retribuzioni possono essere alla base di alcune condizioni di povertà. È necessario un lavoro “decente” in grado di dare un reddito sufficiente per mantenere, in modo minimamente dignitoso, sé stessi e la propria famiglia.
Ciò significa che vanno potenziate le politiche per rinforzare la contrattazione nazionale e quella decentrata e rafforzate le politiche economiche, fiscali e sociali a favore delle famiglie con figli (puntando anche sull’erogazione di servizi di supporto alla genitorialità). Inoltre, è indispensabile prestare attenzione al sostegno del percorso scolastico e educativo dei minorenni, da cui dipende in modo determinante il loro futuro sociale e professionale. I minori in povertà debbono e possono essere “intercettati” all’interno delle scuole (dell’infanzia e dell’obbligo) per evitare ritardi, dispersioni, abbandoni precoci. Una più estesa collaborazione tra le scuole e i servizi sociali territoriali consentirebbe di intervenire più tempestivamente, anche in via preventiva, sui minori in difficoltà per ragioni economiche”.
“Per questo – conclude Murabito -, come da tempo, proponiamo che la rete provinciale delle forze sociali, produttive e politiche si ricomponga attorno all’obiettivo di ridurre la forbice sociale che attanaglia anche i residenti della nostra provincia: serve un protocollo d’azione condiviso che metta al centro la contrattazione aziendale, territoriale e sociale, capace di tener conto della situazione locale, che come dimostrano i dati MEF è ricca di lavoro, ma emerge sempre più una significativa possibilità di resilienza anche per i lombardi in maggiori difficoltà economiche.”

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