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“A cent’anni dalla Riforma Gentile. La nuova questione scolastica in Italia”

Un convegno sulla riforma Gentile, ma non solo. L’appuntamento in programma dal 25 al 27 ottobre presso le sedi di S. Agostino e Bernareggi dell’Università degli studi di Bergamo ambisce a esplorare l’importanza che la riforma ha avuto per la storia della scuola italiana e, più in generale, per la storia culturale del Paese che, ben oltre il fascismo, è tale da non poter essere confinata dentro il perimetro di una mera ricognizione storico erudita.

Alla base di questa scelta sta la convinzione di una qualche significatività della prospettiva gentiliana per le questioni del tempo presente. Di qui l’idea di fare delle celebrazioni del centenario gentiliano l’occasione per un confronto sui modelli scolastici, per impostare la questione scolastica in termini di idee confliggenti su cosa sia e cosa debba essere un sistema di istruzione.

La scuola sta al centro della questione italiana e aiuta a chiarirla nei suoi elementi di crisi. Sul terreno della scuola, in particolare, si ha modo di verificare in forma più acuta che altrove il crollo delle culture politiche repubblicane e gli effetti che questo ha avuto sulla capacità del Paese di darsi, negli ultimi trent’anni, un indirizzo e una prospettiva di sviluppo.

L’idea che si è imposta dagli anni Novanta, e che si è fatta più prepotente con il nuovo secolo, è che questa funzione di direzione, un tempo esercitata dalla politica, possa essere assolta dalla piena risoluzione del problema scolastico nell’ambito di una qualche teoria economica della formazione umana. Ebbene, questa idea non solo è profondamente sbagliata, ma ha peggiorato e non migliorato la situazione. I problemi della scuola, sia dal punto di vista della qualità degli apprendimenti sia da quello dei divari sociali, sono stati aggravati, se possibile, da questa vasta sostituzione che, al passaggio dal XX al XXI secolo, l’economia ha reclamato ai danni della politica.

Le questioni che stanno oggi sul piatto della scuola non riguardano solo l’Italia, ma tutti i sistemi formativi occidentali, pur nel quadro di storie molto diverse fra loro. Dunque, solo in parte la nuova questione scolastica può essere spiegata restando sul terreno della storia italiana di questi ultimi decenni.

Per saltare subito alle conclusioni, l’idea è che oggi noi facciamo essenzialmente i conti con il prolungarsi di una crisi non dichiarata ma ampiamente operante: questa crisi riguarda le strutture ideologiche e culturali sulla base delle quali è stata fondata la scuola democratica di massa. Essa si manifesta nello scarto tra obiettivi cognitivi effettivamente conseguiti dagli studenti e prolungamento medio della scolarità. L’occultamento di questa crisi impedisce di vederne i termini reali e sposta sistematicamente il piano del discorso dal degrado degli apprendimenti ai modi per gestire il fallimento di quote crescenti di popolazione scolastica.

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