Dopo un mese esatto di chiusura, le porte delle scuole fino alla prima media si riaprono, le aule si rianimano e i bambini tornano alla loro routine che si spera non venga più intaccata dai provvedimenti ministeriali.
Qualcuno, però, non si è mai fermato e nella lontananza ha comunque fatto percepire ai più piccoli la propria presenza, in un modo speciale. Stiamo parlando della Scuola dell’Infanzia Giovanni XXIII di Rogno che ha mantenuto salda la relazione con i bambini tramite l’Emotional Delivery, consegnando bellezza e allegria a domicilio, ogni settimana. D’altronde, se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto.
Una scuola può chiudere, ma una maestra no e l’iniziativa di Rogno è un segnale concreto di come la passione e l’amore per il proprio lavoro riescono ad avere la meglio sulle avversità, che in questo periodo sono tantissime.
Manipolazione, creatività, giardinaggio e Pasqua sono stati alcuni dei temi centrali delle preziose confezioni ricevute dai bambini, uno sprazzo di normalità in un tempo sospeso. L’Emotional Delivery è stato anche una prova di lealtà: prima di tutto nei confronti dei più piccoli, ai quali ogni giorno la scuola fa grandi promesse racchiuse nella semplicità di uno sguardo, di un sorriso e di un abbraccio dato al momento giusto. E poi, lealtà anche verso le famiglie, alle quali si assicura di dare il massimo nella cura dei loro figli.
È stato un giovedì difficile quello in cui, a marzo, le insegnanti hanno dovuto salutare i bambini, dopo aver preparato gli effetti personali da portare a casa ed essersi prese un po’ di tempo per cercare di spiegare quel periodo di assenza senza data di scadenza che si sarebbe aperta dal giorno dopo.
«Abbiamo cercato l’ennesima strategia emotiva per contenere la rabbia, la tristezza, lo sconforto e la delusione. Ci siamo sfogate e poi ci siamo dette che anche stavolta reagiremo, useremo questo tempo per fare di più, tireremo fuori quelle risorse che ancora inspiegabilmente ci restano. E lo faremo per quegli 80 bambini e per le loro famiglie. È una promessa. È una sfida».
Un mese dopo, possiamo dire che la promessa è stata mantenuta, e che quel “distanti ma vicini” che riecheggia in tutt’Italia dall’inizio della pandemia si è davvero concretizzato. E forse un domani questi bambini avranno dei ricordi intermittenti della scuola materna, alternati ai giorni chiusi in casa, ma non dimenticheranno di quando la maestra suonava loro al campanello con un sacchetto di normalità tra le mani.
Maria Ducoli