Siamo fatti della stessa sostanza di cui è fatto il patriarcato. Siamo fatti degli stereotipi che ci trasciniamo dietro dai secoli dei secoli, quei cliché che sappiamo declinare perfettamente in base al genere. Se sei donna devi stirare, cucinare e sfornare almeno due figli entro i 37 anni. Se sei uomo non puoi piangere o avere delle fragilità e caschi il mondo ma non caschi la tua virilità.
Per infrangere queste immagini vecchie e stereotipate, Michela Taeggi ed Elisa Mauri – rispettivamente fotografa e psicologa – hanno dato il via al laboratorio di fotografia partecipativa “Autoritratto e stereotipi di genere”, in collaborazione con Spazio Cam. In occasione della chiusura del primo turno, una serata online ha dato la possibilità di presentare i lavori dei partecipanti: una serie di autoritratti nei quali il vissuto personale si è trasformato in un urlo collettivo a colori. Battere gli stereotipi con gli stereotipi stessi, Michela ed Elisa hanno dimostrato che è possibile.
«Il laboratorio è stato una bellissima esperienza che ha permesso di lavorare in modo costante, senza aspettare l’ispirazione. Spero e credo che i nostri autoritrattivi possano trasmettere messaggi importanti» commenta Costanza Zanardini, una delle partecipanti al progetto.
I cinque incontri potevano essere divisi in due momenti: uno più creativo curato da Michela e l’altro più riflessivo, con Elisa che aiutava i membri del gruppo ad entrare in un certo clima emotivo. «Ciò permetteva a ciascuno di trovare un proprio messaggio da condividere attraverso la fotografia, inerente al tema presentato – spiega Elisa – avere chiaro quello che si vuole comunicare è il primo passo per creare una fotografia che comunichi con chi la guarda».
Il laboratorio non era solo femminile, Claudio mostra i propri lavori e racconta di come certi stereotipi l’abbiano toccato da vicino fin dall’infanzia, quel periodo in cui si impara che ci sono giochi da femmina e giochi da maschio, rigide distinzioni che si devono rigorosamente rispettare.
«Sicuramente è un’esperienza molto stimolante dal punto di vista creativo. Questo, però, non vuol dire che al laboratorio possano prendere parte solo professionisti. È aperto a tutti, anche a chi non ha mai fatto una foto nella sua vita. Ciò che serve è l’interesse verso queste tematiche e la voglia di mettersi in gioco» commenta Michela. Il secondo gruppo partirà il 15 aprile, online si possono trovare tutte le informazioni necessarie per l’iscrizione.
Questo laboratorio permette di imprimere a colori i cliché con i quali conviviamo ogni giorno, senza accorgercene. E forse, se sono su carta, se sono esposti in una mostra, se sono appesi al muro, non possiamo fare finta che non esistano. Siamo costretti a guardarli, a prendere consapevolezza e a capire che gli stereotipi di genere non sono una questione solo femminile. Sono una questione e come tale devono essere affrontati. E superati.
Maria Ducoli