“Diario di Bordo” è una rubrica che nasce con l’intento di diffondere l’amore per la montagna e la conoscenza del nostro spettacolare territorio. La suggestiva cornice montana della Valle Camonica, in provincia di Brescia, così come ciò che sono in grado di offrire le Orobie e le Prealpi, in provincia di Bergamo, spingono ogni anno migliaia di persone a muoversi, fare fatica e sacrificarsi per raggiungere la vetta. Rifugi e bivacchi sono la meta prescelta di molti, e la fortuna vuole che da noi ci sia l’imbarazzo della scelta. Ecco perché, di settimana in settimana, andremo a raccontare le emozioni provate durante una salita nello specifico. La narrazione sarà caratterizzata da pochi tecnicismi: lasceremo parlare il cuore.
Per la prima volta in questa rubrica abbandoniamo le classiche camminate al rifugio per addentrarci in quello che è il mondo dei bivacchi. Prima cosa: cosa sono i bivacchi? Strutture incustodite a uso degli alpinisti per rifugio e pernottamento. Nulla di troppo diverso da un rifugio, direte voi. La vera differenza non è tanto nel tipo di struttura quanto nel fatto che i bivacchi sono, appunto, incustoditi. La loro gestione è quindi in mano alla sensibilità dei viandanti. Quando vi capiterà di passarci la notte o anche soltanto di sostarvici per un momento, ricordate: è buona norma lasciare pulito e in ordine.
Oggi parleremo dell’escursione al bivacco Valzaroten e al Lago di Pietrarossa in alta Val Canè. Dove si parte? Risalendo la statale 42 della Valle Camonica raggiungiamo Edolo e poi continuiamo verso il Gavia. Dopo Vezza d’Oglio, a Stadolina prendiamo a sinistra la provinciale 80 per arrivare a Vione. A questo punto seguiamo le indicazioni per Canè e raggiungiamo gli appositi parcheggi in fondo all’abitato. Si parte da 1520 metri di quota. Qui vari segnavia indicano diverse tappe. Segnaliamo quelle che ci riguardano: Casere di Valzaroten a ore 2.15, Laghetti di Pietrarossa a ore 3.30.
La salita è dolce e la strada a fondo di cemento e pietre che contraddistingue la prima mezzoretta di camminata – percorribile anche con i veicoli – risulta ideale per scaldare le gambe e prepararsi all’escursione. Terminata la strada si arriva a Cortabona (m. 1.766), dove è presente una graziosa area pic-nic attrezzata. Procediamo oltrepassando una stalla e due calchère, antichi forni fusori per la calce recentemente ristrutturati. Superato un ponte in legno il bosco si fa più fitto e la strada diventa un sentiero con pendenza lievemente più impegnativa fino al raggiungimento di un vasto pianoro. Superato un altro ponticello di legno incomincia uno dei tratti più impegnativi: si sale per uno stretto sentiero abbastanza ripido, si oltrepassa una pietraia (m. 2.035) e continuando a salire si giunge al bivacco (m. 2.208).
Abbiamo raggiunto il bivacco in circa 2 ore. Il percorso è ricco di percorsi d’acqua e alterna tratti dove si cammina tra gli arbusti in un bosco quasi fitto ad altri in cui si procede sulle rocce spoglie. La pendenza non è mai eccessiva. Dal bivacco i segnavia indicano ore 1.10 per raggiungere il Lago di Pietrarossa. Riprendiamo a salire in modo abbastanza ripido su un sentiero a zig-zag con alcune serpentine tra pietre, spuntoni di roccia ed erba. Al termine della salita raggiungiamo un grande ometto (pila di sassi di dimensioni differenti) e davanti si apre la conca nella quale si adagia il lago. Siamo a 2.601 metri sul livello del mare e abbiamo percorso 1.080 metri di dislivello. Tempo di percorrenza effettivo: ore 2.40. Lo specchio d’acqua è circondato da fiori bianchi e riflette sia le vette delle montagne che lo circondano sia l’azzurro del cielo. Il silenzio quasi tombale regala un’esperienza immersiva nella natura facendoci sentire quasi un tutt’uno con la montagna. Vale la pena fermarsi, chiudere gli occhi e respirare. Il panorama regala emozioni intense sia che lo sguardo sia rivolto verso il laghetto, sia osservando la valle alle nostre spalle. Difficoltà della camminata: 6.
Francesco Moretti