Sergio Zanotti, da tre anni prigioniero in Siria probabilmente dei miliziani di Al Quaida, liberato nella giornta di venerdì 5 aprile, da questo fine settimana è tornato a Marone. Pur tra comprensibili reticenze, ai giornalisti giunti a Marone, tra cui il nostro inviatod ella Redazione, ha rilasciato dichiarazioni importanti sui tre anni da prigioniero e sull’Italia.
“Go Italia”: sono le parole rivolte a Sergio Zanotti da coloro che lo tenevano prigioniero in Siria da quando nell’aprile 2016 era stato rapito in Turchia. In un incontro improvvisato con i giornalisti che lo hanno atteso al Bar Centrale a Marone ha raccontato, pur tra comprensibili reticenze, qualche stralcio della storia di tre anni di prigionia. Il suo sequestro è iniziato durante un viaggio in taxi nella regione di Hatay in Turchia, a pochi chilometri dal confine con la Siria: due uomini armati sono saliti in auto, hanno narcotizzato Zanotti e lo hanno portato in una zona segreta. I sequestratori, tutti molto giovani, hanno cercato di convertirlo all’Islam, non lo hanno trattato male: tranne i capi, si muovevano tutti a volto scoperto. Parlavano a gesti o pronunciavano qualche parola di inglese. Ha cambiato almeno dieci prigioni: in questi 1058 gionri una sola vota ha temuto fortemente per la sua vita. Circa i dubbi avanzati sul fatto che potesse trattarsi di un sequestro finto o di una messinscena, Zanotti risponde che a lui non importano considerazioni del genere: dovrebbero provare loro a fare un solo giorno di prigionia in Siria con Al Qaida. Ora dovrà riprendere la sua vita che sarà costellata comunque da continui ricordi di tre anni trascorsi in una sorta di sospensione dal mondo civile. Presumibilmente, nelle ore precedenti a venerdì 5 aprile Zanotti ha passato il confine siriano grazie a un gruppo di cinque italiani, incaricati di salvare i sequestrati; quindi all’eroporto di Hatay con un volo di Stato è atterrato a Ciampino e da questo fine settimana è a Marone, a casa, dove continua a ripetere che l’Italia è il paese più bello.