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La tutela Unesco dell’arte dei muretti a secco

Dalla Valle Imagna alla Valle Seriana, dalla Valle Brembana alla Valcalepio fino a Bergamo Città Alta, in queste aree si contano chilometri e chilometri di muretti a secco realizzati e conservati nel tempo grazie al lavoro di generazioni di agricoltori impegnati nella lotta al dissesto idrogeologico provocato da frane, alluvioni o valanghe, un vero e proprio reticolato che si presenta come un carattere distintivo del nostro territorio montano e collinare che giustamente ha avuto un importante riconoscimento ufficiale. E’ quanto afferma Coldiretti Bergamo nell’esprimere apprezzamento per l’iscrizione dell’ “Arte dei muretti a secco” nella lista degli elementi immateriali dichiarati Patrimonio dell’umanità dall’Unesco sulla base della candidatura avanzata dall’Italia con Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera.

“I muretti a secco – spiega il presidente di Coldiretti Bergamo Alberto Brivio – sono realizzati con una tecnica antica, che ne prevede la realizzazione con pietre posate una sull’altra senza l’utilizzo di altri materiali se non un po’ di terra. La stabilità delle strutture è assicurata dall’attenta selezione e posizionamento dei sassi. Questi manufatti, diffusi per la maggior parte delle aree rurali e su terreni scoscesi, hanno modellato numerosi paesaggi, influenzando modalità di agricoltura e allevamento, con radici che affondano nelle prime comunità umane della preistoria”.

Coldiretti Bergamo sottolinea che i muretti a secco svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione delle frane, delle inondazioni e delle valanghe e nella lotta all’erosione e alla desertificazione della terra, aumentando la biodiversità e creando condizioni microclimatiche adeguate per l’agricoltura in un rapporto armonioso tra uomo e natura.

“La tutela Unesco dell’arte dei muretti a secco – sottolinea Brivio – è di fatto il riconoscimento del ruolo svolto dagli agricoltori nella difesa del territorio. Basti pensare a quelli che in Città Alta fanno da supporto ai caratteristici orti trattenendo il terrendo ed evitando che venga dilavato quando si verificano precipitazioni abbondanti oppure a quelli che sostengono i terrazzamenti delle zone collinari dove vengono coltivate le viti creando un paesaggio unico. Si tratta di un’arte che per essere mantenuta richiede impegno e risorse ingenti che non dovrebbero però gravare esclusivamente sulle spalle degli agricoltori, come purtroppo spesso avviene, ma per il valore che quest’arte rappresenta per tutta la comunità dovrebbero essere condivisi”.

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