Fa discutere anche se non sorprende la decisione di Giorgio Gori di dimettersi da consigliere regionale della Lombardia per continuare a fare il sindaco a Bergamo. E se la Lega lo attacca, il Pd lo difende.
Secondo il senatore del Carroccio Roberto Calderoli, erano scontate le dimissioni dal Pirellone, ma “per rispetto di Bergamo e dei bergamaschi” Gori, candidato governatore per il centrosinistra, avrebbe dovuto annunciarlo subito dopo la sconfitta del 4 marzo. E comunque, visto che il prossimo anno a Bergamo ci saranno le elezioni comunali, “dopo questo tira e molla indecente confidiamo abbia il buon senso di non ricandidarsi, altrimenti – ha pronosticato Calderoli –, se dovesse ricandidarsi bisserà la batosta elettorale buscata un mese fa nella corsa per la Regione”. “Per la serie se perdo non gioco più” ha ironizzato il segretario della Lega lombarda Paolo Grimoldi, mentre Roberto Anelli, il capogruppo del partito di Salvini al Pirellone, parla di una decisione “dettata non dall’amore per la città di Bergamo ma piuttosto dalla sonora sconfitta subita alle elezioni regionali”.
A difendere Gori è invece sceso in campo il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri, convinto che la decisione di non restare in Regione dimostri “attenzione per i cittadini bergamaschi che 4 anni fa lo hanno eletto”. “A Bergamo – ha aggiunto – il Partito Democratico e Giorgio Gori hanno lavorato bene insieme e spero continueranno a farlo anche in futuro. Ringrazio Giorgio per essersi speso senza riserve nella campagna elettorale delle regionali. Il nostro percorso politico non è finito il 4 marzo. Ripartiamo dai territori e dai nostri tanti amministratori, come Giorgio che sono certo ci darà una mano preziosa”.
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