Due pullman dalla Vallecamonica ed uno da Brescia per partecipare alla beatificazione di Teresio Olivelli avvenuta in un clima di grande gioia e commozione al Palasport di Vigevano questo sabato 3 febbraio.
Alpini, Fiamme Verdi camune e bresciane, una rappresentanza dell’Istituto Olivelli-Putelli di Darfo B.T., Azione Cattolica, S. Vincenzo, Scout, Universitari della FUCI, Associazioni cattoliche e civili, Autorità civili e militari, Amministrazioni pubbliche da ogni parte della Lombardia, una rappresentanza della diocesi di Hersbruck in Germnmnaia, con il Vescovo e tanti fedeli, dove Teresio Olivelli è morto per violenze e percosse subite nel campo di concentramento a 29 anni il 17 gennaio 1945. La causa di beatificazione, iniziata nel 1987, si è conclusa con il riconoscimento del suo martirio. Nel lager Olivelli – originario di Bellagio – si prodigò per dare sostegno materiale e spirituale ai compagni di prigionia. Regalò i suoi unici vestiti a un compagno, offriva il proprio cibo a chi stava male, intervenne per cercare di proteggere un giovane ucraino pestato dai kapo per aver rubato un pezzo di pane. In quest’ultima circostanza venne colpito con un violento calcio al ventre dai suoi carcerieri. Ormai ridotto ad un corpo magro ed emaciato, non si riprese più. La celebrazione è stata presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei santi, e concelebrata da una quindicina di vescovi, tra i quali quello di Milano monsignor Mario Delpini, quello di Como (diocesi in cui Olivelli era nato, a Bellagio) monsignor Oscar Cantoni, quello di Vigevano (dove era cresciuto) monsignor Maurizio Gervasoni, e quello di Bamberg (l’arcidiocediocesi bavarese in cui si trova Hersbruck) monsignor Ludwih Schick. “La sua – ha affermato il cardinale Amato nell’omelia – è stata la morte di un giusto vincitore sui suoi carnefici”. C’erano anche l’ex segretario della Cisl Franco Marini e Pierluigi Castagnetti, come presidente della Fondazione legata al campo di Fossoli, in cui Olivelli fu rinchiuso per un periodo prima di essere deportato in Germania. In prima fila il compagno di prigionia Venanzio Gibillini, 93 anni, accanto al nipote Diego Olivelli, figlio del fratello Carlettore.