25 aprile: la Festa della Liberazione, un dovere della memoria per gli italiani

Ogni anno, il 25 aprile, l’Italia si ferma per ricordare. È la Festa della Liberazione, data simbolo della fine dell’occupazione nazifascista e della rinascita democratica del Paese. Non si tratta soltanto di un giorno festivo, ma di un momento fondamentale per la coscienza collettiva degli italiani. Una ricorrenza che va oltre la memoria storica e si carica di significato civico, culturale e identitario.

La scelta del 25 aprile risale al 1946, quando venne proclamata ufficialmente la festa nazionale della Liberazione. In quella data, nel 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) proclamò l’insurrezione generale nei territori ancora occupati, dando il via alla fase finale della lotta partigiana. Milano e Torino furono liberate, segnando di fatto la caduta del regime fascista e l’inizio di una nuova stagione di libertà.

Oggi, a distanza di 80 anni, celebrare questa giornata significa non solo onorare il sacrificio di migliaia di donne e uomini che hanno combattuto per la libertà, ma anche riaffermare i valori fondanti della Repubblica: la democrazia, la giustizia, la solidarietà, la pace.

In un’epoca in cui la memoria storica rischia di essere appannata da disinformazione e revisionismi, il 25 aprile rappresenta un baluardo contro l’oblio. È un’occasione per le nuove generazioni di confrontarsi con la storia, per capire il prezzo della libertà e il valore della partecipazione civica. È un giorno in cui le piazze si riempiono di canti, bandiere e testimonianze, ma anche di riflessioni e domande sul presente e sul futuro.

La Festa della Liberazione è un patrimonio condiviso che appartiene a tutti gli italiani, al di là delle divisioni ideologiche. Non è una festa “di parte”, ma una ricorrenza che unisce nella riconoscenza verso chi ha lottato per un’Italia libera. Festeggiarla, dunque, è un dovere morale e civile, un segno di rispetto verso la storia e un gesto di responsabilità verso il domani.

Perché ricordare non è solo guardare indietro. È, soprattutto, scegliere da che parte stare.

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