1° settembre. I giorni che in estate si tende a confondere, perdendo la cognizione del tempo e
riafferrandola di tanto in tanto, si fanno improvvisamente chiari e precisi. Dalle finestre ancora aperte entra il suono delle campanine e allora realizzi che è arrivato, è arrivato settembre a Gianico.
La tradizione vuole che dal 1 all’8 settembre sia possibile salire sul campanile del Santuario della Madonnina per suonare l’allegrezza. Una melodia allegra, che risveglia il paese intero e lo scuote per la festa, in stand-by da qualche anno a causa della pandemia. L’allegrezza, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è anche un motivo malinconico. Un batacchio che ricorda l’incessante scorrere del tempo, il suono delle cose che finiscono, dell’autunno che si avvicina.
Per i giovani è una sorta di rito di passaggio: sei grande quando puoi salire sul campanile da solo e magari anche sederti su quelle scale a pioli un po’ consumate per provare a suonare. Qualcuno che ti possa insegnare c’è sempre, i ragazzi più grandi sono spesso i primi ad arrivare e gli ultimi a scendere, tanto che hanno persino costituito una squadra vera e propria, il Team Calca&Rita. Il ritmo è subito imparato, due battiti con la sinistra e uno con la destra, ma il batacchio pesa e dopo un po’ ti fanno male le braccia. Non importa, perché pensi subito che la tua melodia, magari un po’ incerta e imprecisa, a volte totalmente sbagliata, ha risuonato per le vie e i cortili, arrivando dappertutto.
Le persone percepiscono i ritmi diversi, sentono che c’è qualcosa che non va e sorridono pensando che probabilmente si tratta di qualcuno che sta imparando. “Ci siamo passati tutti”, ed effettivamente è stato così. Anche i meno temerari un giro sul campanile l’hanno fatto. Se non per suonare, anche solo per ammirare il panorama da quella posizione che ti convince di trovarti in uno dei posti più belli di sempre. Sono molti i gianichesi che affermano di vivere nel “paese più bello del mondo”, se domandi loro quale sia il motivo probabilmente non sanno dirtelo.
Forse sono troppi, forse ne hanno solo uno e non vogliono trasformarlo in parole. Forse è l’aria che si respira, il senso di comunità che ritrovi nei cortili aperti le sere d’estate, in un campo estivo in montagna, davanti ad un falò che ti scalda. Forse è il 1° settembre che, ogni volta, ti fa dire “questa è casa mia”.
Maria Ducoli